
Sardegna 2030: un sistema elettrico interamente rinnovabile è possibile, con vantaggi ambientali ed economici diffusi
di MAURIZIO DELFANTI e GIULIANO RANCILIO
MNel corso dell’edizione 2025 di KEY- The Energy Transition Expo, tenutasi a Rimini dal 4 al 6 marzo, è stato presentato uno studio di rilevanza strategica per il futuro energetico della Sardegna: “Analisi di possibili traiettorie per la transizione energetica in Sardegna”. Il lavoro, sviluppato da un team interdisciplinare di ricercatori del Politecnico di Milano, dell’Università di Cagliari e dell’Università di Padova, ha esplorato scenari realistici per trasformare profondamente il sistema energetico dell’isola entro il 2030.
L’obiettivo dichiarato è ambizioso, ma tecnicamente perseguibile: rendere il sistema elettrico sardo completamente alimentato da fonti rinnovabili, eliminando l’uso di combustibili fossili per la generazione di elettricità. Questo approccio non solo risulterebbe sostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche compatibile con una crescita significativa della domanda elettrica attesa per i prossimi anni e soprattutto dovuta all’elettrificazione del carico. Entro il 2030 si prevede un incremento del fabbisogno elettrico di circa 4 TWh. A determinare tale crescita concorrono tre dinamiche principali: l’elettrificazione dei consumi civili per il riscaldamento e il raffrescamento (+2,5 TWh), quella parziale del settore dei trasporti (+0,5 TWh) e l’impiego dell’energia elettrica in ambito industriale per i processi a bassa e media temperatura (+1 TWh). Solo i processi industriali ad alta temperatura continueranno a necessitare l’impiego di gas naturale liquefatto (GNL), il cui utilizzo verrà comunque ridotto al minimo indispensabile. A questo risultato al 2030 si arriva da una situazione attuale del sistema energetico sardo già molto elettrica: infatti, la Sardegna non possiede una rete di distribuzione del gas metano. Per questo, l’elettrificazione è storicamente più imponente qui, dove addirittura circa il 45% dell’energia richiesta dal settore civile e dalle attività produttive è elettrica (escludendo quindi i soli trasporti).
Motore dello studio è un modello di ottimizzazione per minimizzare il costo energetico totale della Regione all’anno obiettivo, considerando un profilo orario di domanda e offerta. Si deve soddisfare tutta la domanda di servizi energetici – inclusi quelli del settore civile, dei settori produttivi e dei trasporti – al minor costo. Vi sono vincoli al contorno dati dalla necessaria riduzione delle emissioni climalteranti (-55% a livello italiano al 2030) e da alcuni altri “punti fermi” frutto di elaborazione di informazioni esistenti e di alcune scelte scenaristiche. Per il resto, il modello decide quanto investire in tecnologie di generazione e trasformazione dell’energia ai fini di soddisfare la domanda. È utile sottolineare che il modello considera anche il resto del sistema energetico nazionale, così da poter, ad esempio, valutare la convenienza economica di importare o esportare energia elettrica. Lo studio non prevedeva, invece, lo sviluppo di analisi di rete elettrica tramite power flow o simulazioni dinamiche.
Tra i “punti fermi” che costituiscono le premesse e gli input allo studio, ci sono anche i documenti della pianificazione energetica nazionale già noti, quali il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), gli scenari di Terna e Snam sullo sviluppo delle reti e dei sistemi di accumulo, ma anche il Decreto cd. Aree Idonee che ha previsto una suddivisione degli sforzi per l’installazione di rinnovabili, quello che viene chiamato “burden sharing” tra le Regioni. Inoltre, alcune scelte hanno portato a quattro configurazioni principali soprattutto inerenti all’evoluzione del parco di generazione elettrica:
- uno scenario di base è 100% FER elettriche. Si prevede in esso la chiusura dei grandi impianti termoelettrici ad oggi presenti in Sardegna;
- un secondo scenario prevede il mantenimento della centrale Sarlux, che utilizza sottoprodotti di raffineria per produrre elettricità. Si prevede un funzionamento vincolato di tipo baseload per questa centrale (circa 7500 ore equivalenti), simile a quello odierno e motivato da vincoli di essenzialità e sicurezza della rete;
- un terzo scenario prevede la presenza di Sarlux e la conversione a gas dell’impianto di Fiume Santo, attualmente a carbone. Il funzionamento di Fiume Santo dipende nello scenario da logiche di mercato e di convenienza economica, non sarebbe quindi in alcun modo vincolato;
- la quarta configurazione è uno scenario 100% FER elettriche in cui vi è la ripresa del polo industriale dell’alluminio, i cui consumi vengono soddisfatti da impianti dedicati e si verifica la compatibilità della configurazione con i limiti alle emissioni.
Un’ulteriore differenza tra gli scenari riguarda il tasso di metanizzazione possibile per la Sardegna: studi precedenti hanno analizzato come in Sardegna vi siano 38 bacini per la realizzazione di reti di distribuzione gas che presentano diversi stadi di autorizzazione, finanziamento e realizzazione. Al crescere della “metanizzazione” della configurazione, più bacini di utenza vengono considerati raggiungibili dal metano per usi civili.
Per questo studio sono state impiegate diverse competenze e hanno contribuito vari gruppi di varie università. Il gruppo di lavoro è il seguente:
Politecnico di Milano – Giuliano Rancilio, Giuseppe Muliere, Marianna Pozzi; Univ. degli Studi dell’Insubria – Fabrizio Fattori; Univ. degli Studi di Padova – Arturo Lorenzoni, Giovanni Cappena; Univ. degli Studi di Cagliari – Simona Ruggeri
Le basi tecniche della transizione
Passiamo al dettaglio dei risultati dello studio. Partendo dallo scenario 100% FER, il più sfidante e maggiormente di interesse, il modello prevede l’installazione di 5,4 GW di nuova capacità fotovoltaica e 2,7 GW di eolico, cui si affiancano sistemi di accumulo coerenti con gli sviluppi previsti da Terna e Snam, e un importante potenziamento sia della rete di trasmissione nazionale (RTN) sia della rete di distribuzione. A sottolineare la dimensione sociale della transizione, fino a 1,5 GW di fotovoltaico di piccola scala potrebbero essere destinati alle Comunità di Energia Rinnovabile (CER) o ad altre configurazioni collettive per l’autoconsumo, con l’obiettivo di sviluppare almeno una comunità energetica per ogni Comune dell’isola. L’importanza di impianti di piccola taglia deriva sia da un più oculato utilizzo del suolo e del territorio già costruito, sia dalla possibilità di trattenere maggiormente a livello locale il beneficio economico dell’energia verde a basso costo.
È bene ribadire comunque – ed è stato calcolato nello studio – che anche coloro che non parteciperanno direttamente agli investimenti in energia da fonti rinnovabili potranno beneficiare di vantaggi economici. Secondo le proiezioni, il prezzo zonale dell’energia potrebbe scendere da 108 €/MWh nel 2024 a 66 €/MWh nel 2030, in corrispondenza con il pieno sviluppo delle FER. Per una famiglia tipo, ciò si tradurrebbe in un risparmio del 20% sui costi energetici complessivi, grazie sia all’aumento dell’efficienza energetica (riduzione del 20% della domanda primaria), sia alla diminuzione dei prezzi elettrici (-39%).
Scenari alternativi
Lo studio ha, come precedentemente introdotto, preso in considerazione anche varianti dello scenario 100% rinnovabili. In particolare, è stata valutata la possibilità di mantenere operativa la centrale di Sarlux, alimentata con prodotti di raffineria, o di procedere alla riconversione a gas dell’impianto di Fiume Santo, oggi a carbone. Tuttavia, entrambi questi scenari risultano meno convenienti sotto il profilo economico.
Nel dettaglio, la centrale di Sarlux risulterebbe necessaria solo in presenza di vincoli di essenzialità che saranno mitigati grazie all’entrata in funzione del Tyrrhenian Link e di altri interventi sulla rete già inseriti nei Piani di Sviluppo di Terna. Quanto a Fiume Santo, anche se riconvertita, la centrale opererebbe per circa 1.700 ore equivalenti annue, un dato che non giustifica gli investimenti richiesti. L’elettricità prodotta con il gas non sarebbe infatti competitiva sul mercato, pur potendo essere utile per l’export in alcune ore di punta. In sintesi, lo scenario 100% rinnovabili si conferma più vantaggioso dal punto di vista economico, anche considerando i costi maggiori di installazione e delle infrastrutture necessarie alla transizione.
Si riportano in figura le capacità installate nei tre scenari, valutandole sia rispetto alla situazione odierna, sia rispetto agli obiettivi minimi previsti dal “burden sharing” regionale.
In tutti i casi, il mix ottimo di installazione supera gli obiettivi minimi, ma sicuramente le maggiori installazioni si hanno nel caso FER100%. La differenza è minima con l’introduzione di Fiume Santo, che infatti produce poco e soprattutto ai fini di esportare verso il resto d’Italia. Per completezza, si riportano anche le produzioni elettriche nei vari scenari, proprio ad evidenziare i diversi contributi di FER, di Sarlux e di Fiume Santo, ma anche il ruolo ancora significativo dei generatori sincroni idroelettrici.
Settore termico e domanda stagionale
Un’attenzione particolare è stata dedicata al settore termico civile, destinato a trasformarsi profondamente con l’adozione massiva di pompe di calore aria-aria, già diffuse in molti contesti. Queste tecnologie sono efficaci sia per il riscaldamento che per il raffrescamento e saranno accompagnate da interventi di efficienza energetica e dall’uso consolidato delle biomasse. Tali cambiamenti influiranno significativamente sul profilo della domanda elettrica. L’ottimizzazione dei costi in questo ambito ci presenta una proiezione simile nei tre scenari analizzati, sia per il 2030 sia per il futuro più remoto. Viene riportato sotto il grafico per la configurazione 100% FER, del tutto simile agli altri scenari. L’utilizzo di gas è limitato agli impianti ibridi che nel diagramma si riportano in colore rosa. Questo avviene nonostante siano stati considerati diversi livelli possibili di “metanizzazione” del settore termico civile: investire in caldaie a gas non è conveniente per l’utente finale, se con un sistema a pompa di calore aria-aria si possono soddisfare sia il fabbisogno di raffrescamento, sia di riscaldamento e se per la restante parte il tradizionale riscaldamento a biomasse sopravvivrà.
L’impatto di un ulteriore carico elettrico sulla rete potrebbe essere difficilmente sopportabile in alcune ore di picco. Per questo motivo lo studio ha simulato i flussi orari di generazione e consumo in due giornate rappresentative: una invernale (10 febbraio) e una estiva (27 luglio). In inverno, la produzione eolica è significativa e i sistemi di accumulo a batteria (BESS) coprono i picchi di domanda mattutina e serale legati al riscaldamento. In estate, invece, il fotovoltaico è protagonista assoluto: il carico giornaliero supera i 6.000 MW, ma viene integralmente coperto dalla produzione solare. In alcuni momenti si registra persino una sovrapproduzione (overgeneration) che porta all’esportazione di energia o al suo eventuale curtailment (10% del totale prodotto da FER).
Gas residuo e ruolo del biogas
Nel sistema energetico al 2030, una parte residuale della domanda sarà ancora soddisfatta da energia termica prodotta da combustibili. In particolare, questo si avrà per quei processi industriali non elettrificabili, quali in particolare la domanda di calore di processo industriale a media-alta temperatura (per circa 3 TWh termici). In questo contesto, il biogas prodotto localmente, considerando i potenziali già riconosciuti oggi, potrà contribuire a soddisfare circa il 10% di questa domanda residua, sostenendo contemporaneamente lo sviluppo di una filiera agricola ed energetica regionale.
Riduzione delle emissioni al 2050
Dal punto di vista ambientale, gli scenari elaborati prevedono una diminuzione delle emissioni climalteranti compresa tra il 52% e il 62% rispetto ai livelli del 2005. Il miglior risultato si ottiene nello scenario 100% rinnovabili, anche includendo una possibile ripresa del polo industriale dell’alluminio. In ogni caso, una quota consistente delle emissioni rimane legata alla raffineria Saras, la cui evoluzione sarà oggetto di approfondimento nella fase successiva dello studio, con orizzonte al 2050.
Il tema sicurezza
Chiaramente, nel contesto recente e dopo gli avvenimenti dello scorso 28 aprile nella penisola iberica, non si può prescindere dal concludere sul tema sicurezza del sistema elettrico. Lo scenario prospettato è uno scenario 100% rinnovabili, con grande prevalenza di rinnovabili inverter-based e un ruolo ancora per i generatori sincroni idroelettrici (1,3 TWh prodotti). Che cosa possiamo dire rispetto alla sicurezza della fornitura in questo tipo di scenario?
Rispetto ad oggi, è la stessa Terna a dichiarare come le opere di rete previste, tra cui il Tyrrhenian Link e il rafforzamento degli altri collegamenti, permetteranno «una maggiore stabilità, adeguatezza e sicurezza per il sistema elettrico di Sardegna, Sicilia e Campania, un’elevata flessibilità e l’integrazione della produzione rinnovabile sul territorio italiano, con la possibilità di traguardare i target di policy nazionali confermati anche dalla recente pubblicazione del nuovo PNIEC». Proprio questi interventi permetteranno di mitigare l’essenzialità di alcuni impianti sincroni ad oggi presenti in Sardegna.
Oltre a questo, in Sardegna è già oggi attivo un servizio di regolazione rapida della frequenza di rete a opera di sistemi di accumulo a batteria: la Fast Reserve. Questo tipo di servizi risultano fondamentali in sistemi elettrici potenzialmente caratterizzati da bassa inerzia, e sono ad oggi disponibili solo in alcuni contesti, tra cui l’Italia e il Regno Unito.
Quello che presentiamo è uno studio non basato su analisi di rete, che di certo sono indispensabili per garantire la sicurezza della fornitura. In passato, tuttavia, il gruppo di ricerca di Sistemi Elettrici per l’Energia del Politecnico di Milano si è già occupato di svolgere simulazioni dinamiche per la rete di isole elettriche con diffuse rinnovabili. Alcune di queste simulazioni evidenziavano proprio il ruolo positivo della Fast Reserve nel mitigare la deviazione di frequenza in eventi passati. Come in quello occorso nel 2018 simulando la presenza di 30 MW di accumuli a batteria Fast Reserve, tale intervento avrebbe potuto ridurre del 40% la massima deviazione di frequenza (il cosiddetto nadir), a parità di condizioni (ceteris paribus). Inoltre, la presenza di accumuli elettrochimici in regolazione contribuirebbe anche alla riduzione della derivata della frequenza (RoCoF), che ha avuto un ruolo rilevante nell’evento iberico e la stabilità in generale del profilo di frequenza.
E di accumuli le simulazioni fatte nel modello Sardegna ne prevedono circa 14 GWh in tutte le quattro configurazioni, coerentemente con gli obiettivi proposti da Terna e Snam. È opportuno ricordare che vari schemi in Italia stanno già ben funzionando (il Capacity Market) o sono prossimi ad attivarsi (il MACSE) per assicurare che il fabbisogno di accumuli sia soddisfatto. Inoltre, il TIDE dal 2026 prevede la definitiva apertura per tutte le risorse, incluse anche le rinnovabili e le risorse distribuite, alla fornitura di servizi ancillari per la rete. A dimostrare che, per la sicurezza del sistema in transizione, ci sarà uno sforzo sistemico.
L’articolo è tratto dalle pagine di QualEnergia di luglio/agosto 2025