La lettera con cui Filippo Turetta rinuncia all’Appello: “Mi pento ogni giorno di ciò che ho fatto, accetto l’ergastolo”

“Sin dall’inizio del mio percorso giudiziario ho preso tutte le scelte possibili, affinché questo potesse portare più rapidamente e in modo trasparente e sincero alla sentenza, qualsiasi essa fosse”.
Così inizia la lettera scritta a mano da Filippo Turetta il 10 ottobre, in cui annuncia la decisione di rinunciare al ricorso in Appello presentato dai suoi legali dopo la condanna all’ergastolo per l’omicidio premeditato di Giulia Cecchettin.

Il testo, redatto su un foglio A4 e protocollato nel carcere di Montorio, rappresenta una scelta personale e definitiva. Turetta scrive di aver maturato questa decisione “spinto dai forti sensi di colpa che provo, di assumermi la piena responsabilità per quello che ho fatto di cui mi pento ogni giorno”.

Il contenuto della lettera e il pentimento

Nel documento, Turetta si dice “tristemente consapevole che comunque purtroppo in nessun modo essa possa pienamente rimediare ed eliminare il profondo dolore e sofferenza che ho causato con le mie gravissime azioni a Giulia e a tutti i suoi familiari e parenti, impedendole di vivere una piena e meravigliosa esistenza”.

Il giovane spiega poi il motivo della sua rinuncia ai successivi gradi di giudizio: “Sinceramente dal profondo del cuore, pensando a lei e a tutto questo, ho preso la scelta di rifiutare di affrontare i successivi gradi di giudizio e accettare la pena che ho ricevuto in primo grado”. Parole che, secondo gli osservatori giudiziari, segnano un passaggio importante nel percorso di accettazione della condanna, anche se non modificano l’iter processuale già avviato.

Gli sviluppi giudiziari e la posizione della Procura

Nonostante la lettera di Turetta, la sentenza di primo grado rimane oggetto di discussione giudiziaria. La Procura di Venezia ha infatti deciso di proseguire con il procedimento per chiedere il riconoscimento delle aggravanti di crudeltà e stalking, escluse in primo grado dalla Corte d’Assise.

Secondo i giudici, Giulia era stata ritenuta “capace di gestire le migliaia di messaggi, vocali, le richieste di vedersi che l’ex compagno continuava a chiederle” e le 75 coltellate inferte da Turetta sarebbero state considerate “frutto più dell’incapacità materiale di uccidere, che di volontà di infierire”.

Per l’accusa, invece, la agonia di 20 minuti vissuta da Giulia, “legata e imbavagliata, con la coscienza di andare verso la morte”, rappresenta un elemento di crudeltà estrema. Il nuovo dibattimento, previsto per novembre, dovrà quindi stabilire se tali aggravanti dovranno essere riconosciute.

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