Mistero Orlandi: fine (anche) della “pista inglese” anche la Commissione parlamentare dice basta

Mistero Orlandi: fine (anche) della cosiddetta “pista inglese”. Grazie all’eccessiva presunzione e sicumera di Pietro Orlandi la famosa e fumosa “pista inglese” è stata dichiarata ufficialmente falsa (anche) dall’apposita Commissione parlamentare d’inchiesta.

Lo ha reso noto l’agenzia di stampa Adnkronos. E ha dovuto riconoscerlo e arrendersi all’evidenza anche Fabrizio Peronaci, che da anni si occupa del mistero Orlandi per il Corriere della Sera e che è all’origine della “pista inglese”, da lui lanciata infatti in diretta televisiva assieme a Pietro Orlandi e ribadita con clamore sul Corriere fin dal lontano 2011.

Veniamo all’eccessiva sicumera di Pietro Orlandi. Quando il 22 settembre dell’anno scorso nel programma televisivo Verissimo ha voluto fare l’elenco di “tutti gli indizi che legano mia sorella all’Inghilterra”, ha tra l’altro mostrato e insistito su uno scambio di lettere tra l’arcivescovo inglese George Carey e il cardinale Ugo Poletti, vicario del Papa a Roma. Lettere a dire di Pietro Orlandi consegnategli da un certo Vittorio Baioni, definito un ex membro del gruppo terrorista neofascista dei Nuclei Armati Rivoluzionari (N.A.R.).

Pietro Orlandi  ha però fatto l’errore fatale di NON verificarne l’autenticità prima di squadernarle in tv. E non immaginava certo che la grafologa forense e docente di grafologia Sara Cordella armata di una macchina fotografica ad alta definizione fosse in agguato per fotografare la firma di Carey. Riuscendo così a dimostrare che quelle firme erano dei falsi realizzati con la tecnica del dropping: la firma dei due prelati era stata “prelevata”, cioè copincollata, da loro lettere scritte per tutt’altri motivi ad altri destinatari e reperibili nel vasto Web tramite Google.

Le firme false del caso Orlandi

Mistero Orlandi: fine (anche) della “pista inglese” anche la Commissione parlamentare dice basta
Mistero Orlandi: fine (anche) della “pista inglese” anche la Commissione parlamentare dice basta – Blitzquotidiano.it ( foto ANSA)

In  una intervista Sara Cordella ci ha spiegato come si possono fabbricare le firma false e perché è falsa anche una firma spacciata per firma di Emanuela Orlandi.

Quella sera dello scorso settembre era in agguato con una macchina fotografica ad alta definizione anche un appassionato del mistero Orlandi, il 50enne toscano Gabri Benci, iscritto al gruppo Facebook “Vogliamo la verità sul caso Orlandi”. Parallelamente alla grafologa Cordella, il toscano Benci ha diffuso nel mondo Facebook la notizia del falso prima ancora che lo facesse la commissione parlamentare.

Pietro Orlandi però insiste. Ispirandosi al detto popolare “se non è zuppa è pan bagnato” sostiene che se i documenti che gli sono stati consegnati sono falsi si tratta comunque di falsi creati ad arte per sviare l’attenzione dalla realtà. E quale sarebbe a suo dire la realtà? Lo ha spiegato bene lo scorso febbraio nella puntata del programma Pulp Podcast , creato e condotto dal rapper cantautore Fedez e del youtuber Davide Marra:

“La persona che ha interesse ad allontanare dalla verità su Emanuela io penso sia all’interno del Vaticano perché lì dentro sono a conoscenza della verità. Evidentemente è molto pesante, ogni possibilità di allontanarla a loro fa comodo. Se dico questo è perché ci sono atteggiamenti e situazioni che mi autorizzano a farlo. Quanto è successo a Emanuela non potrà mai uscire perché coinvolge persone troppo in alto, che non possono essere toccate”.

Chi sono queste persone?

“All’epoca erano oltre al Papa [il polacco Wojtyla: ndr], il segretario di Stato Agostino Casaroli e il cardinale Ugo Poletti”.

Crollata la “pista inglese” e partita la denuncia di Baioni contro Pietro Orlandi per le varie dichiarazioni diffamatorie, crollerà anche la sua diramazione che tira in ballo anche la buonanima del ministro Giovanni Spadolini.

Le rivelazioni a Verissimo

Ecco altre “rivelazioni” fatte da Pietro Orlandi nella citata puntata di Verissimo:

“Giuseppe Dioguardi, ex maresciallo dell’aeronautica – quindi una persona seria, non anonima e nemmeno un mitomane – mi ha rivelato di essere stato testimone di un fatto accaduto nell’agosto del 1983, due mesi dopo la scomparsa di Emanuela. [….] Dioguardi allora faceva parte della segreteria del Ministro della Difesa Giovanni Spadolini. Mi ha raccontato che nell’agosto dell’83, mentre era in ufficio con Spadolini, si sarebbe presentato il cardinale Piovanelli per sollecitare la richiesta avanzata dal Vaticano al ministro della Difesa di un volo riservato. Su questo volo, in partenza da Ciampino, avrebbero viaggiato solo quattro persone: due uomini e due donne”.

Ovviamente secondo Pietro Orlandi a bordo di quel volo potrebbe esserci stata Emanuela: “Se venisse confermato, potrebbe costituire un passo avanti nelle indagini e suggerire un possibile coinvolgimento di alcune persone legate al Vaticano e allo Stato Italiano. Inoltre permetterebbe di escludere altre ipotesi, come la morte di Emanuela la sera stessa della scomparsa”.

Nella commissione più di un suo membro comincia a chiedersi perché mai Pietro insista da anni su piste sballate, ma sempre tutte puntate contro il Vaticano. Facendo propria la sua affermazione secondo la quale i vari falsi proprinatigli servono a tenere lontana l’attenzione da personaggi innominabili, Papa Wojtyla in testa, qualche parlamentare comincia a chiedersi se l’agitare scomposto di Pietro Orlandi non serva per tenere lontana per esempio la pista amical parentale, con in testa zio Mario Meneguzzi. Lo zio che a suo tempo aveva cercato di convincere sua nipote Natalina, sorella di Emanuela, a “mettersi” con lui, anche se già sposato e padre di tre figli.

I membri della commissione sanno benissimo che questa è nata per la forte suggestione esercitata su alcuni parlamentari dalla serie televisiva “Vatican girl”. E  che la serie era stata presa sul serio perché Pietro Orlandi, ritenuto più che attendibile, il vangelo del mistero Orlandi, vi aveva un ruolo fondamentale.

Ora che il vangelo s’è rivelato apocrifo c’è chi si chiede perché Pietro Orlandi lo abbia avvalorato in lungo in largo.

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