I 3 film epici costati una fortuna che hanno deluso milioni di spettatori: i flop che nessuno si aspettava

Nel mondo del cinema, la linea che separa l’ambizione visionaria dal fallimento catastrofico è sottile come una pellicola. Da un lato brillano capolavori opere che hanno trasportato milioni di spettatori in universi indimenticabili. Dall’altro, esistono produzioni che sono state letteralmente fagocitate dalle loro stesse aspirazioni, trasformandosi in monumenti al fallimento nonostante budget stellari e grandi nomi coinvolti. Quando un regista punta alle stelle ma precipita al suolo, il tonfo si sente in tutta Hollywood. E a volte, il risultato è talmente eclatante da meritare un posto nella galleria degli orrori del cinema contemporaneo. Ecco tre esempi di film epici del XXI secolo che hanno fallito nel loro intento di creare nuovi mondi memorabili, nonostante risorse apparentemente illimitate.

1. Megalopolis: il sogno trentennale che è costato una fortuna

Adam Driver durante un trip in Megalopolis
Una scena di Megalopolis – © American Zoetrope

Quando Francis Ford Coppola, il leggendario regista de Il Padrino, decide di investire quasi tutto il suo patrimonio personale in un progetto, il mondo del cinema trattiene il respiro. Megalopolis rappresenta l’ossessione di una vita: un’idea che Coppola ha custodito per trent’anni, aspettando il momento giusto per realizzarla. La storia parla di una società utopica alimentata da una visione audace e da tecnologie rivoluzionarie, un affresco ambizioso che avrebbe dovuto rappresentare il testamento artistico del maestro.

Il problema? Il film si è rivelato un flop mastodontico, tanto devastante da costringere Coppola a vendere proprietà personali per evitare la bancarotta completa. Parliamo di un cineasta che ha messo a disposizione larga parte del suo enorme patrimonio accumulato in decenni di successi per finanziare questo progetto. Eppure, nonostante l’evidente insuccesso commerciale e critico, Megalopolis mantiene un fascino particolare per chi è disposto a guardare oltre i numeri al botteghino. È un prodotto che semina curiosità, un’opera che permette di esaminare la mente di uno dei registi più influenti di Hollywood in tutta la sua ambizione sconfinata. Ma resta il fatto che, come investimento cinematografico, rappresenta uno dei disastri più clamorosi della recente storia del cinema.

2. The Great Wall: quando Hollywood incontra la Cina (e nessuno è soddisfatto)

Matt Damon nei panni di un mercenario europeo che scopre che la Grande Muraglia cinese è in realtà una fortezza costruita per difendere l’umanità da mostruose creature chiamate Taotie. Sulla carta, The Great Wall aveva tutti gli ingredienti per funzionare: un regista del calibro di Zhang Yimou, una star internazionale, un budget considerevole e la promessa di unire l’appeal hollywoodiano con il fascino della cultura cinese.

Il risultato invece è stato un ibrido indigesto che ha scontentato tutti. Il film adotta senza vergogna il vecchio cliché del salvatore bianco, quella narrativa stantia in cui un occidentale arriva in una cultura lontana e diventa miracolosamente l’eroe di cui quella civiltà ha bisogno. William Garin, il personaggio di Damon, si unisce all’Ordine Senza Nome e aiuta gli eserciti cinesi a contrastare le creature, evitando che conquistino il paese. Nonostante lo stile visivo caratteristico di Zhang Yimou, il film è finito in una terra di nessuno culturale: troppo hollywoodiano per conquistare il pubblico cinese, che ha percepito la rappresentazione della propria cultura come superficiale e stereotipata, e troppo straniero per quello americano e occidentale, che non ha trovato abbastanza elementi familiari per affezionarsi alla storia. Un fallimento su entrambi i fronti del Pacifico.

3. 10.000 A.C.: quando la preistoria diventa insipida

10.000 A.C.
10.000 A.C., fonte: Warner Bros.

Immaginate un’epoca remota in cui gli esseri umani erano ancora cacciatori e raccoglitori, quando la società come la conosciamo non esisteva ancora. In questo contesto si svolge la storia di D’Leh, un giovane cacciatore la cui vita viene sconvolta quando degli invasori catturano i membri del suo clan, inclusa la sua amata Evolet. Parte così un viaggio attraverso deserti, giungle e montagne rocciose, popolate da creature preistoriche come mammut e tigri dai denti a sciabola. Sulla carta, l’ambientazione e la premessa erano intriganti. La preistoria offre infinite possibilità narrative, un mondo alieno quanto affascinante da esplorare cinematograficamente. Ma 10.000 A.C. è riuscito nell’impresa di rendere noioso persino un mondo popolato da megafauna preistorica.

Il film pecca gravemente per la sua insipidezza generale. I dialoghi sono forzati e melodrammatici, i personaggi bidimensionali, la trama prevedibile. Il risultato è un misero 8 per cento su Rotten Tomatoes, una delle valutazioni più basse per una produzione di questo calibro. Paradossalmente, nonostante lo stroncamento critico, il film è riuscito a incassare una cifra rispettabilissima di 269 milioni di dollari in tutto il mondo, dimostrando che a volte il pubblico va al cinema anche quando i critici consigliano di restare a casa.

Questi tre esempi dimostrano una verità fondamentale del cinema moderno: budget enormi, effetti speciali spettacolari e grandi nomi non garantiscono il successo. Anzi, a volte l’ambizione smisurata diventa il peggior nemico di un film, trasformando quello che avrebbe dovuto essere un capolavoro epico in un monumento all’hubris hollywoodiana. La lezione? Nel cinema come nella vita, non basta sognare in grande, bisogna anche saper trasformare quei sogni in storie che risuonino con il pubblico, che tocchino corde emotive autentiche e che non si perdano nell’eccesso fine a se stesso.

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