Roma, 19 nov. (askanews) – Confermare la linea espressa dai vertici del suo partito, anzi farla ufficialmente propria. Ma allo stesso tempo provare a chiudere uno scontro istituzionale senza precedenti da quando è a palazzo Chigi che, diversamente, avrebbe rischiato di avere conseguenze difficilmente gestibili. Come recitava un vecchio slogan pubblicitario, una telefonata allunga la vita. In questo caso aiuta ad abbassare il livello della tensione. E quella chiamata, che magari il Quirinale si aspettava già ieri sera, Giorgia Meloni l’ha fatta questa mattina, prima di ripartire da Mestre, per programmare quel colloquio con Sergio Mattarella che infatti si è tenuto appena è rientrata Roma.
Venti minuti circa di faccia a faccia non facile che però a sera, in nome del “bene della nazione”, spingono, sia da una parte che dall’altra, a dichiarare “chiuso” il caso nato dalle frasi del consigliere del presidente della Repubblica, Francesco Saverio Garofani, riportate dal quotidiano ‘La Verità’ sotto il titolo ‘Il piano del Colle per fermare la Meloni’, per le quali il capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami aveva chiesto quelle spiegazioni che avevano innescato la dura reazione del Quirinale.
Davanti a Mattarella, Giorgia Meloni – come ha fatto sapere palazzo Chigi – ha sostanzialmente ribadito la linea adottata ieri dal partito subito dopo la deflagrazione dello scontro, provando a inquadrare la questione su due piani distinti. Da una parte ha tenuto il punto sul “rammarico per le parole istituzionalmente e politicamente inopportune” di Garofani che, a suo giudizio, il “diretto interessato” avrebbe dovuto “chiarire, per chiudere immediatamente la questione”, dall’altra ha ribadito “la sintonia istituzionale che esiste tra Palazzo Chigi e il Quirinale, mai venuta meno fin dall’insediamento di questo governo e della quale nessuno ha mai dubitato”.
Per tutta la giornata, di fatto, il consigliere di Mattarella, colui ha il delicato compito di segretario del Consiglio supremo di difesa, è però rimasto nel mirino dei meloniani. Al punto da far circolare voci di richieste di dimissioni che però la premier non ha mai avanzato. Lo stesso colloquio riportato dal Corriere della Sera, in cui Garofani spiegava che le sue erano solo “chiacchiere tra amici”, venivano definite sempre da Bignami come una sostanziale “conferma” dei “contenuti dei virgolettati che avevamo chiesto di smentire”. Parole emblematiche dell’intenzione del partito di non voler silenziare del tutto la faccenda.
Ma a sera è lo stesso capogruppo alla Camera, insieme al collega del Senato Lucio Malan, a firmare una nota in cui si spiega che dopo il colloquio di oggi al Quirinale “Fratelli d’Italia ritiene la questione chiusa e non reputa di aggiungere altro”. A consigliare di mandare in archivio lo scontro, c’è anche la pubblicazione su alcuni siti del testo di una mail anonima ricevuta da diversi giornali nei giorni scorsi che nei contenuti è sostanzialmente identica allo stesso articolo oggetto del contendere.
Alla fine, su input della premier, si è deciso di correggere ulteriormente il tiro, in nome di una attenzione alla concordia istituzionale che lo stesso capo dello Stato aveva messo in primo piano durante il colloquio con Giorgia Meloni. “E’ interesse di tutti”, il mood che trapela da Fratelli d’Italia.
