Consumo di suolo, in Italia nel 2022 destinati altri 77 kmq, 10% in più del 2021

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Città troppo calde e impermeabili, sempre meno aree agricole e servizi ecosistemici. Lo racconta il Rapporto “Il consumo di suolo in Italia 2023”, pubblicato da ISPRA/SNPA. Legambiente: “Subito una legge”

Il consumo di suolo in Italia accelera a ritmi preoccupanti. Nel 2022 è arrivato alla velocità di 2,4 metri quadrati al secondo e avanzando, in soli dodici mesi, di altri 77 km2, oltre il 10% in più rispetto al 2021. Le città diventano sempre più calde: nei principali centri urbani, infatti, la temperatura cresce all’aumentare della densità delle coperture artificiali, raggiungendo nei giorni più caldi valori compresi tra 43 e 46 °C nelle aree più sature e seguendo andamenti diversi a seconda delle caratteristiche del territorio circostante. In media, la differenza di temperatura del suolo nelle aree urbane di pianura rispetto al resto del territorio è di 4°C d’estate con massime di 6°C a Firenze e di oltre 8°C a Milano.

Il consumo di suolo incide anche sull’esposizione della popolazione al rischio idrogeologico, oltre 900 – in un solo anno – gli ettari di territorio nazionale reso impermeabile nelle aree a pericolosità idraulica media, e provoca la costante diminuzione della disponibilità di aree agricole eliminando in 12 mesi altri 4.500 ettari, il 63% del consumo di suolo nazionale.

I costi nascosti dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici ammontano a 9 miliardi di euro ogni anno a causa della perdita di suolo rilevata tra il 2006 e il 2022. Il Rapporto “Il consumo di suolo in Italia 2023”, pubblicato dall’ISPRA con cadenza annuale dal 2014, per la sua decima edizione diventa un prodotto SNPA. Pubblica le nuove stime sul suolo consumato per tutti i comuni italiani, ottenute grazie alla nuova cartografia che aggiorna e rivede l’intera serie storica sulla base delle nuove immagini satellitari ad alta risoluzione. Ad accompagnare il Rapporto anche il primo Atlante del consumo di suolo che riunisce le nuove mappe dettagliate del fenomeno a livello nazionale e locale.

La mappa del consumo di suolo in Italia

 Al 2022 la copertura artificiale si estende per oltre 21.500 km2, il 7,14% del suolo italiano (7,25% al netto di fiumi e laghi). I cambiamenti dell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del Paese: nella pianura Padana, nella parte lombarda e veneta, lungo la direttrice della via Emilia e su tutta la costa adriatica. Considerando il consumo di suolo totale dell’ultimo anno, più del 35% (oltre 2.500 ettari) si trova poi in aree a pericolosità sismica alta o molta alta. La perdita di suolo e di tutti i servizi ecosistemici che fornisce, compresa la capacità di assorbire l’acqua, non conosce battute d’arresto: il 13% del consumo di suolo totale (circa 900 ettari) ricade nelle aree a pericolosità idraulica media, dove il 9,3% di territorio è ormai impermeabilizzato, un valore sensibilmente superiore alla media nazionale (con un aumento medio percentuale dello 0,33%). Infine, il 7,5% (quasi 530 ettari) è nelle aree a pericolosità da frana.

Tra i comuni virtuosi spiccano, tra i comuni grandi con più di 50 mila abitanti, Ercolano in Campania (solo 0,2 ettari consumati in più nel 2022), tra i comuni medi, Montale in Toscana (0 ettari in più) e San Martino Siccomario in Lombardia tra i comuni con meno di 10.000 abitanti (0,2 ettari in meno).  Tra i capoluoghi delle città metropolitane risparmiano suolo Genova, Reggio Calabria e Firenze.

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Consumo di suolo, la questione poli logistici

copertina Nuova Ecologia gennaio 2022
copertina Nuova Ecologia gennaio 2022

La logistica e la grande distribuzione organizzata, che rientrano tra le principali cause di consumo di suolo in Italia, nell’anno appena trascorso toccano il massimo dal 2006, con un picco di crescita superiore ai 506 ettari. Negli ultimi sedici anni il fenomeno si è concentrato nel Nord-Est del Paese, con oltre 1.670 ettari (il 5,8% del totale del consumo di suolo dell’area), seguito dal Nord-Ovest con 1.540 ettari (6.1%) e il Centro (940 ettari; 4,7%). Le grandi infrastrutture rappresentano l’8,4% del consumo totale, mentre gli edifici realizzati negli ultimi 12 mesi su suoli che nel 2021 erano agricoli o naturali sfiorano i 1.000 ettari, il 14% delle nuove superfici artificiali. Ben 948 ettari (il 13,4%) in più per piazzali, parcheggi e altre aree pavimentate, mentre le aree estrattive consumano 385 ettari di suolo in un anno, pari al 5,4% del totale. Per l’installazione a terra di impianti fotovoltaici si sono resi necessari quasi 500 ettari di terreno, 243 dei quali rientrano nella classificazione europea di consumo di suolo.

Legambiente: “Subito una legge contro il consumo di suolo in stallo da anni in Parlamento”

“Preoccupano i dati in crescita del consumo di suolo in Italia fotografati oggi dall’annuale report di ISPRA. Una corsa al cemento che accelera negli anni post pandemia in un Paese in calo demografico e dove la gran parte dei suoli persi è stata sottratta alle superfici agricole, con una perdita di servizi ecosistemici, incluso quello della produzione agricola. Di fronte a questo quadro – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente – torniamo a ribadire l’urgenza per l’Italia di approvare una legge contro il consumo di suolo, in stallo da anni in Parlamento, e su cui ci aspettiamo dal Governo Meloni delle risposte concrete. In attesa di ciò, al momento l’unico elemento di speranza è la ripresa del dibattito europeo sulla direttiva suolo che nelle prossime settimane sarà discussa dal Parlamento UE. L’auspicio è che si rafforzi la timida proposta della Commissione Europea e che si arrivi ad una approvazione entro la scadenza del mandato. Agli europarlamentari e ai ministri che rappresentano l’Italia a Bruxelles, chiediamo di attivarsi in modo trasversale per dotare l’Europa di una legge sul suolo che consenta di unire le forze dei Paesi europei per tutelare questa risorsa. Spetterà, poi, ai singoli stati membri dotarsi di propri quadri legislativi per una governance efficiente dei loro territori; e l’Italia è sicuramente tra i Paesi europei in cui il suolo è maggiormente minacciato, non solo dall’eccessiva urbanizzazione, ma anche dai rischi di erosione e di desertificazione connessi alla crisi climatica”.

“Negli ultimi cinque anni – dichiara Damiano Di Simine, coordinatore della presidenza del comitato scientifico nazionale di Legambiente – il numero dei residenti italiani è diminuito di quasi 1,5 milioni di unità, come a dire la popolazione delle Marche, ma nello stesso periodo di tempo in Italia il suolo urbanizzato è cresciuto di 32.000 ettari: è come se in Italia fosse stato costruito l’equivalente di 4 città di Milano fatte di scatole di cemento senza abitanti! Preoccupa anche la corsa al cemento nel nord ovest della Penisola, in particolare nell’asse della Pianura compresa tra Novara e Verona passando per i territori lombardi delle province della BreBeMi (Brescia, Bergamo e Milano), con propaggini verso la via Emilia (Lodi e Piacenza) e il Porto di Genova (Pavia). Assistiamo a una allarmante crescita di piastre logistiche in territori di piccoli comuni a spiccata vocazione agricola, senza che nessuno si interroghi circa il destino di vastissime aree dismesse abbandonate dall’industria nei decenni passati. Sprechiamo nuovo suolo senza rimettere in circolo migliaia di ettari di sedimi industriali abbandonati e spesso inquinati: è così che quella che dovrebbe essere una grande opportunità economica per il Paese si trasforma in un deteriore spreco di risorse territoriali, le Regioni hanno una grande responsabilità nel non intraprendere una necessaria opera di programmazione territoriale dello sviluppo”.