La seconda vita del Sole

Impianto fotovoltaico su tetto Beghelli

Oggi, il riciclo dei pannelli fotovoltaici è già a un ottimo livello

di Attilio Piattelli*, Diego Ardizzoni**, Carlo Zuccaro ***

*Presidente Coordinamento FREE, **Consiglio Italia Solare, *** esperto FV

Non sbagliamo affermando che le rinnovabili in Italia sono sotto attacco mediatico. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un’azione su più fronti. I leitmotiv sono l’aggressione del paesaggio da parte di eolico e fotovoltaico a terra, la perdita di posti di lavoro causati dalle auto elettriche, diffusione che va contrastata e rallentata, per arrivare alle fake news sui materiali di scarto degli impianti a fine vita, soprattutto moduli fotovoltaici e batterie, che ci inonderanno di rifiuti.

Sarebbe semplice contro argomentare queste affermazioni ma chi sostiene la transizione energetica sul fronte della comunicazione è un passo indietro rispetto ai suoi detrattori. I messaggi veicolati da chi la vuole rallentare sono più incisivi ed efficaci. Bisogna riconoscerlo se si vuole recuperare il terreno perso a livello comunicativo.

Prima di approfondire, una di queste questioni, ossia le tecniche di riciclaggio dei moduli occorre valutare i numeri in gioco per capire di che quantità stiamo parlando e confrontarle con altri settori del comparto energetico. Uno studio di Mirletz et al. pubblicato nel 2023 sulla rivista scientifica “Nature Physics”, stima al 2050 la produzione cumulata di ceneri di carbone in un valore superiore a 45 miliardi di tonnellate a fronte di una stima massima di moduli da smaltire di 160 milioni di tonnellate, fattore 280 volte inferiore. È evidente che queste differenze di numeri sono anche dovute al fatto che la produzione di energia elettrica da carbone è una tecnologia affermata da anni, anzi possiamo dire che è arrivata a fine vita, mentre la produzione da fotovoltaico è in forte ascesa e per ora copre una percentuale inferiore al carbone, ma i numeri servono sempre per poter avere la giusta percezione delle cose e ricordare a tutti che qualsiasi attività umana genera dei rifiuti o sottoprodotti che vanno gestiti.
Oggi, il mercato dei nuovi moduli fotovoltaici è composto quasi per il 100% di moduli realizzati con silicio cristallino. Questi moduli sono composti da una serie di celle di silicio, collegate tra loro tramite contatti realizzati da bandelle che spesso contengono argento.

Anteriormente, sono sempre dotati di un vetro temprato di spessore poco più di 3 mm ad alta trasparenza, che assolve alla funzione di consentire il passaggio della radiazione solare. Tra il vetro e le celle fotovoltaiche viene interposto un sottile strato isolante trasparente (vinil-acetato di etilene o anche EVA), che ha il triplice scopo di evitare un contatto diretto tra celle e vetro, eliminare gli interstizi che altrimenti si formerebbero a causa della superficie non perfettamente liscia delle celle e isolare elettricamente le stesse dal resto del laminato. Sul retro delle celle viene posto un ulteriore foglio isolante trasparente, con funzioni analoghe a quello utilizzato anteriormente. A chiusura del sandwich così realizzato, viene utilizzato un foglio di plastica in genere di colore bianco. Su quest’ultimo è applicata la scatola di giunzione con i contatti elettrici su cui sono aggiunti i cavi per la connessione dei moduli. In alternativa allo strato plastico posteriore, ci sono anche moduli che hanno sul lato posteriore un altro vetro che però presenta caratteristiche meccaniche e trasmissive inferiori a quelle previste per il vetro anteriore. In questi casi, vengono usate celle che hanno attiva anche la faccia posteriore, potendo così utilizzare la radiazione riflessa dalle superfici circostanti il modulo, sono i moduli bifacciali.

Pannello semplice

I moduli fotovoltaici sono molto semplici e costituiti da pochi componenti che farebbero pensare a una certa semplicità di trattamento per la loro separazione. Purtroppo, la separazione dei componenti è invece resa complessa dal fatto che, nel processo di produzione dei moduli, il sandwich descritto viene laminato a caldo in un forno rendendo l’insieme inseparabile. Questo è il problema principale da superare nei vari processi di lavorazione per poter avere dei materiali in uscita quanto più possibile puri.
Oggi, le principali tecniche di riciclo prevedono processi completamente meccanici almeno fino alla separazione delle frazioni principali, poi esistono delle tecniche di ulteriore raffinazione, spesso eseguite in altri impianti di trattamento, che utilizzano anche processi chimici e/o termici.
I processi meccanici possono essere molto semplici o più complicati e, a seconda del livello di complessità utilizzato; le frazioni in uscita dal trattamento meccanico hanno un grado più o meno elevato di purezza.

I processi più semplici prevedono esclusivamente una triturazione primaria e secondaria dei moduli interi per il recupero dell’alluminio delle cornici e vibro-vagliature successive per la selezione dei vari materiali. Si tratta in genere di impianti utilizzati per il recupero di componenti elettronici che vengono riadattati anche al riciclaggio dei moduli FV. In tal caso, la logica della bassa complessità di trattamento deriva dal fatto che, per un mercato ancora in crescita, le quantità disponibili da trattare annualmente non consentono nuovi investimenti in impianti più complessi.

Il risultato di tali linee di trattamento è però quello di avere in uscita, il recupero dell’alluminio delle cornici, un vetro molto sporco, con basso valore di mercato e un prodotto composito costituito da un mix di vetro, EVA e silicio, che ha difficoltà a essere recuperato.
Con l’aumentare della disponibilità di moduli da trattare, sempre più aziende stanno facendo investimenti per sperimentare linee di trattamento più complesse e più efficienti nella selezione dei materiali.
In particolare, la linea di trattamento che al momento dà una buona qualità dei prodotti in uscita, è costituita da un processo per la maggior parte automatizzato, che prevede le fasi di lavorazione descritte di seguito.

Trattamento solare

I moduli fotovoltaici arrivano presso il centro di trattamento in pallet, in modo da facilitarne il trasporto e la movimentazione. I pallet da trattare vengono prelevati con appositi muletti di movimentazione e collocati in prossimità della linea di trattamento. Dai pallet, alcuni operatori addetti alle prime lavorazioni provvedono a prelevare i moduli fotovoltaici, rimuovere manualmente la scatola di giunzione, collocata posteriormente, e a pulirli per evitare che impurezze presenti sui moduli possano finire tra i materiali selezionati a fine ciclo di trattamento.
Sempre manualmente, i moduli vengono collocati capovolti su di una rastrelliera o nastro trasportatore che provvede a posizionarli all’interno di una macchina, denominata “scardinatore” che ha la funzione di rimuovere la cornice in alluminio. È una macchina che ha dei bracci meccanici che si appoggiano all’interno del modulo ed esercitano una pressione laterale che rompe le giunzioni delle cornici. La macchina scardinatrice permette il recupero completo di tutti i profili in alluminio, che costituiscono la cornice dei moduli.

Successivamente, i moduli, privati delle loro cornici, sono accompagnati manualmente o automaticamente su una “taglierina” che ne riduce la dimensione per consentire il successivo passaggio all’interno della macchina di “delaminazione”. La presenza della taglierina è opzionale e dipende dalla dimensione e costo della macchina di delaminazione. Per evitare il taglio servono macchine di delaminazione molto costose che sui primi impianti, con basse capacità operative, non hanno motivo di essere installate e si preferisce introdurre la sezione di taglio e riduzione delle dimensioni del modulo.
La macchina di delaminazione è il cuore dell’impianto di trattamento poiché agisce sul vetro con un’azione di compressione e grattugia in modo da ridurlo in frantumi e liberarlo dall’adesione con il film di EVA sottostante. Questo passaggio, rispetto alla semplice triturazione dell’intero modulo, permette in uscita un vetro più pulito.

Le fasi successive prevedono una “triturazione” del modulo, comprensiva del vetro che è stato già frantumato e staccato dal film di EVA, per ridurlo in parti molto piccole, e una successiva “vibrovagliatura” con contestuale aspirazione delle parti più leggere.

In uscita da queste linee di trattamento si hanno le seguenti frazioni espresse in peso rispetto al peso totale dei moduli:

  • meno dell’1% di rame derivante dai cavi elettrici presenti assieme alla scatola di giunzione;
  • circa il 20% di alluminio di ottima qualità e purezza;
  • circa il 68-70% di vetro sempre di buona qualità;
  • circa un 3-4 % di sabbie silicee contaminate da rame e argento, da inviare a trattamento di purificazione;
  • 3-4% di plastiche impure che possono essere utilizzate come combustibile secondario, presso i cementifici.

Queste plastiche possono essere interamente riutilizzate ma sono un onere per l’impianto di recupero poiché occorre pagare affinché i cementifici ritirino il materiale.

Per quel che riguarda invece le polveri di silicio contaminate da metalli e le sabbie di rame, le piccole quantità in gioco non permettono un trattamento affiancato alla linea meccanica in sito e quindi il materiale viene inviato presso dei centri di trattamento specializzati che, per via chimica, recuperano il sottoprodotto più prezioso, l’argento mentre il silicio trova riuso in settori differenti, principalmente chimici.

Sono in fase di studio e in alcuni casi esistono già linee preindustriali in esercizio, impianti che utilizzano un trattamento termico per scollare il vetro dal resto del sandwich. Il sandwich che rimane privo di vetro può essere a quel punto trattato chimicamente o meccanicamente con triturazione e successiva vibrovagliatura. Il trattamento chimico prevede diversi passaggi in cui si riescono a prelevare in modo silicio, rame e argento.
Per rendere completamente riciclabile il modulo, attualmente altre strade di ricerca sono orientate a tentare di recuperare la cella in silicio integra ma si tratta ancora di processi di laboratorio sperimentali.
Già oggi i processi di trattamento meccanico più sofisticati permettono di ricollocare sul mercato almeno il 96% dei materiali selezionati da ciascun modulo fotovoltaico.

Questo articolo è tratto dal numero di Giugno – Luglio del bimestrale Qualenergia
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