Referendum, “voto sì, no, vado al mare”. Le posizioni dei partiti

Roma, 7 giu. (askanews) – ‘Voto sì, voto no, vado al mare, vado al seggio ma non ritiro la scheda’. Il dibattito pubblico sui referendum dell’8 e 9 giugno, su cui i cittadini sono chiamati ad esprimersi (quattro sul lavoro, uno sui requisiti per ottenere la cittadinanza), è stato investito da polemiche, non solo sui contenuti ma pure e soprattutto sull’effettivo esercizio del voto e sulla partecipazione, dopo che la maggioranza, dalla premier Giorgia Meloni in giù, ha invitato gli italiani a non recarsi alle urne, puntando sul non raggiungimento del quorum (del 50% più uno degli aventi diritto al voto).

“Andrò al seggio perché sono il premier ed è giusto dare un segnale di rispetto per le urne e il referendum” ma “non ritirerò la scheda. Non condivido i contenuti e quando non si condividono c’è anche l’opzione astensione. Non votare è un mio diritto”, ha ribadito Meloni, facendo notare che in passato anche la sinistra aveva rivolto appelli simili.

“Avrà il mio rispetto chi vota, chi si astiene, chi fa campagna elettorale, chi starà a casa. Non do indicazioni di stile, etica e democrazia. Io non condivido nessuno dei quesiti” e “ritengo che il più pericoloso sia quello sulla cittadinanza” quindi “da pragmatico ritengo che il modo migliore perché non si approvi quella norma sia che non si raggiunga il quorum”, sono state le parole del vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini che ha annunciato prima che sarebbe stato con i suoi figli e qualche giorno fa che non avrebbe ritirato la scheda essendo “all’estero per lavoro”.

La scelta dell’astensione vale anche per il vicepremier e segretario di Fi Antonio Tajani: “quando c’è un quorum è previsto anche il non voto e non ha nulla a che vedere con l’astensione e con le altre scelte politiche, questo non è un referendum costituzionale, ma abrogativo”.

L’invito all’astensione è una posizione che è stata duramente criticata dalle opposizioni con Pd, M5S e Avs. I referendum sono “un’occasione per cambiare in meglio l’Italia. I tatticismi esasperati li lascio a Meloni, lei spera di intestarsi il fallimento del referendum: non i voti, ma gli astenuti. È una vergogna”, ha attaccato la segretaria dem Elly Schlein. Per il presidente M5s Giuseppe Conte bisogna andare “in massa” a votare, a tutela della “partecipazione democratica” e contro il “sabotaggio” di Meloni.

Schlein, Conte, i leader di Avs Fratoianni e Bonelli e +Europa, protagonista da comitato promotore del referendum sulla cittadinanza con Riccardo Magi, sperano che l’esito possa servire a dare una spallata al governo e hanno denunciato in queste settimane una residuale copertura sulla Tv pubblica, che ha portato anche ad un inedito scontro tra commissari dell’Agcom. A conferma che una buona parte della partita si è giocata sul combinato disposto tra il crescente astensionismo, la scarsa informazione sui canali Rai e il tema ‘quorum’. Quanto ai contenuti, Meloni ha preso ieri una posizione netta sul tema della cittadinanza: “sono contrarissima a dimezzare i tempi, ritengo la legge sulla cittadinanza un’ottima legge, tra l’altro molto aperta, non sono per modificarne i tempi. Cosa diversa è accelerare l’iter burocratico una volta che si ha diritto alla cittadinanza”. Certo è che di fronte ad una attività legislativa a trazione prevalentemente governativa con un Parlamento che vede ridimensionato il suo ruolo, sul tema delle criticità sull’ottenimento della cittadinanza le diverse proposte di legge presentate sono finite su un binario morto, persino quella sullo Ius Scholae lanciata la scorsa estate da Fi, che non ha avuto alcun seguito per la contrarietà di Fdi e Lega.

L’astensione caldeggiata da Fdi, Lega e Fi non ha trovato d’accordo il più piccolo alleato di governo. Noi moderati ha infatti scelto di esprimersi e votare cinque ‘no’.

Quanto alle opposizioni, Alleanza verdi e sinistra è convintamente schierata per i cinque ‘sì’. Il Pd ha assunto lo stesso orientamento ma solo dopo aver superato una timidezza iniziale dovuta ai quesiti sul lavoro che, tra l’altro, puntano a smontare norme del jobs act varato ai tempi di Matteo Renzi premier e che hanno scatenato mal di pancia, non sanati, dell’area riformista. Una scelta che ha marcato plasticamente la differenza tra il Nazareno di ieri e quello di oggi.

Il Movimento Cinque Stelle ha incentrato la sua battaglia sui quattro referendum sul lavoro, in sintonia con la Cgil che li ha promossi, mentre sulla cittadinanza Conte non ha dato indicazioni di voto ai suoi elettori. ‘L’avvocato del popolo’ ha precisato che comunque lui voterà a favore puntualizzando che il quesito che dimezza a cinque anni i tempi per ottenere la cittadinanza “non” gli è “piaciuto” e che avrebbe preferito lo Ius Scholae.

Il centro-sinistra riformista ha posizioni più articolate. Renzi difende il ‘suo’ jobs act e Italia Viva ha invitato a votare ‘no’ sui tre quesiti sul lavoro, a votare sì sulla cittadinanza e si è affidato alla libertà di coscienza sulla sicurezza del lavoro negli appalti. Azione con Carlo Calenda (ministro dello Sviluppo economico del governo Renzi) ha invitato a votare a favore sulla cittadinanza e contro gli altri quattro quesiti. +Europa voterà sì sulla cittadinanza e sugli appalti ma no sugli altri tre.

Oggi comincia il silenzio elettorale. Le urne aprono domani alle 7 e chiudono lunedì alle 15. Sarà una prova anche per l’istituto del referendum, tra funzione democratica di consultazione dei cittadini e tattica politica.

[Il tema ‘quorum’ si intreccia con il crescente astensionismo e la scarsa informazione sulla consultazione|PN_20250607_00019|in04 rj01|https://askanews.it/wp-content/uploads/2025/06/20250607_112500_621485DF.jpg|07/06/2025 11:25:14|Referendum, “voto sì, no, vado al mare”. Le posizioni dei partiti|Referendum|Politica]