
Il film di Ginevra Elkann è ambientato in una Roma bollente. E denuncia il nostro fallimento di fronte alla crisi climatica
Un senso di ansia attraversa il film. Ed è fatto proprio da tutti i personaggi che lo animano. Questa la linea di continuità che identifica Te l’avevo detto, opera seconda di Ginevra Elkann, che arriva al grande pubblico avvalendosi di un cast di tutto rispetto: Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino, Alba Rohrwacher, Riccardo Scamarcio e tanti altri. C’è un pizzico di distopia e la Roma dove si muovono i protagonisti è colorata costantemente di rosso. Un caldo asfissiante attanaglia la città e come accade in Siccità di Virzì, dove non piove più e si soffre per la carenza d’acqua, il clima torrido e inclemente finisce per mettere a nudo le debolezze e le difficoltà in cui viviamo.
Un film corale, dove il bestiario delle emozioni vissute dagli antieroi della Elkann diventa a tratti bulimico e costrittivo, e nessuno può più nascondersi e rifugiarsi nelle proprie dipendenze, che siano alcol, droga, sesso o cibo. Non ci sono più vie di fuga, come nel film di Antonioni ci ritroviamo in un “deserto rosso” in cui comunichiamo con difficoltà. Ecco allora che la Elkann s’interroga, per bocca dei suoi personaggi, su “dove stiamo andando?” per constatare che l’uomo è “una calamità naturale” incapace di “essere normale”. In sintesi una “piaga”.
Il titolo non svela, insomma, un ammonimento di carattere interpersonale ma piuttosto intergenerazionale. È l’amara constatazione del nostro fallimento di fronte alla crisi climatica, della nostra incapacità di invertire la rotta come appare evidente anche nei balbettamenti che si registrano, ormai costantemente, negli appuntamenti internazionali, come nella Cop di Dubai. Nel “te l’avevo detto” riecheggia lo stesso grido disperato che racchiude il bel docufilm The age of stupid di Franny Amstrong: “perché non ci siamo salvati quando potevamo?”.