Alpinisti morti in Nepal, Messner: “Oggi si può comprare in agenzia un tour per l’Everest”

“Non posso rispondere a domande sulla dinamica dei fatti perché non c’ero”. Così Reinhold Messner, leggenda dell’alpinismo mondiale e profondo conoscitore del Nepal, apre la conversazione, chiarendo subito la sua posizione. In un lungo post su Instagram, l’alpinista ha ricordato le vittime della recente tragedia in montagna, esprimendo empatia e dolore: “So cosa significa perdere qualcuno, il silenzio che segue, le domande senza risposta, il peso di non poter dire addio. Capisco il fascino delle montagne, la vastità, la solitudine, il senso di libertà che ti fa sentire vivo, indipendente, indomito, guidato solo dalle tue leggi, non da quelle che ti vengono imposte. Ma la vita è così: alcuni sono fortunati, altri no. Io sono stato tra i fortunati. Altri no. E in momenti come questi, i miei pensieri tornano sempre a mio fratello Günther”. Parole che rievocano il suo passato e il legame profondo con chi, come lui, ha sfidato le vette del mondo.

Il rischio e la montagna come maestra

Messner conosce bene la zona della tragedia: “Sì, anche se non ho mai arrampicato in quella valle. Ci sono passato scendendo verso Kathmandu, è bellissima. Ma non conosco le “trekking peaks””. L’alpinista sottolinea quanto il rischio faccia parte integrante di questa disciplina: “Il rischio c’è sempre. Anche l’alpinista tradizionale più esperto andando in montagna accetta i rischi, altrimenti non dovrebbe andare. L’arte dell’andare in montagna è ridurre il più possibile questo rischio”. Aggiunge poi un ammonimento: “È necessario dire a tutti che la montagna è una dimensione dove c’è il pericolo di morte, e non soltanto sulle cime più alte”.

La modernità, il rispetto e la memoria

Sulla crescente accessibilità delle vette, Messner osserva: “Non voglio fare accuse ma oggi si può andare in un’agenzia di viaggi e comprare un tour per l’Everest”. Per lui, il problema è il rispetto verso la montagna, “che però resta un maestro molto severo”. Ricorda di aver spesso rinunciato alle vette: “Quasi metà delle mie uscite le ho bloccate a metà strada o poco sotto la vetta perché era troppo pericoloso andare avanti”. E conclude, pensando al fratello: “No, è successo il contrario. Quella è stata una valanga di ghiaccio, non di neve… Eravamo alla fine del mondo senza saperlo”.

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