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Arti marziali, il giudice può aumentare la pena se l’imputato le conosce? La risposta dell’avvocato è chiara
Un giudice può considerare un’aggravante la competenza nelle arti marziali dell’imputato, in un processo penale per aggressione o per altri reati? Ecco la spiegazione dell’esperto.
Nel processo penale, le circostanze aggravanti sono elementi che determinano un aumento della pena rispetto a quella ordinariamente prevista per un determinato reato. Si tratta di fattori, spesso legati alla modalità dell’azione criminosa o alla personalità dell’agente, che il legislatore considera meritevoli di una risposta sanzionatoria più severa. Esse svolgono una funzione di adeguamento della pena alla gravità concreta del fatto, in una prospettiva di proporzionalità. Le aggravanti si distinguono in comuni e speciali. Le prime, previste dall’articolo 61 del codice penale, possono essere applicate a qualsiasi reato. Le seconde, invece, sono riferibili a specifiche fattispecie e trovano fondamento nelle singole norme incriminatrici.
Tra le aggravanti comuni si annoverano l’aver agito per motivi abietti o futili, l’aver commesso il reato per agevolarne o occultarne un altro, la crudeltà verso le persone, l’aver approfittato di circostanze ostative alla difesa, lo stato di latitanza al momento del fatto e l’aggravamento delle conseguenze dell’illecito. Dal 1990, l’imputazione delle aggravanti richiede che esse siano note al reo, ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore colposo. Questo criterio è stato introdotto per garantire il rispetto dei principi costituzionali, escludendo forme di responsabilità oggettiva. Infine, la presenza di aggravanti incide sul quantum della pena, può influenzare la scelta del rito processuale e l’eventuale applicazione di misure cautelari. È pertanto fondamentale che l’autorità requirente formuli una contestazione chiara e puntuale, a tutela del diritto di difesa dell’imputato.
Arti marziali: possono essere considerate un’aggravante dal giudice, in un processo penale?
A proposito di aggravanti, in questo articolo rispondiamo a una domanda particolare: la competenza nelle arti marziali dell’imputato di un processo per aggressione, per percosse, per lesioni personali e per altri reati di questo tipo, può essere considerata un’aggravante in sede di processo penale? A questa domanda, ha risposto un noto esperto di diritto penale, l’avvocato Giuseppe Di Palo. L’esperto, in particolare, ha spiegato che il semplice fatto di essere esperto nelle arti marziali non costituisce, di per sé, un’aggravante prevista dalla legge. Le circostanze aggravanti sono, cioè, solo quelle tassativamente indicati, e nella legge non si prevede la competenza nelle arti marziali, come fattore che comporta automaticamente l’aumento della pena.
Per quanto si possa percepire, quindi, il comportamento di chi è esperto di tecniche di combattimento, in quanto potenzialmente in grado di infliggere lesioni più severe grazie alla sua abilità. Tuttavia, tale percezione non trova una specifica previsione normativa. C’è un ‘però‘: l’avvocato, infatti, spiega che il giudice può considerare l’esperienza nelle arti marziali come un elemento indicativo di maggiore consapevolezza e, quindi, volontarietà lesiva, nella valutazione complessiva del fatto. L’esperto sottolinea, però, che questa valutazione rimane discrezionale e legata al singolo caso concreto: si tratta, perciò, di un giudizio di merito, astratto, e non automaticamente applicabile a una situazione in cui una delle parti coinvolte abbia competenze in discipline marziali.

Arti marziali, il giudice può aumentare la pena se l’imputato le conosce? La risposta dell’avvocato è chiara
Giuseppe Meccariello