
Il commento del direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia sul collasso della rete nella penisola iberica che sottolinea: «A differenza del nucleare le rinnovabili sono ripartite immediatamente»
Blackout in Spagna. Il giorno dopo il collasso della rete elettrica che ha ridotto al buio tutta la penisola iberica, iniziano a emergere le prime risposte sulle cause. Proviamo a ricostruire un primo quadro di quanto avvenuto, seppur ancora frammentario, con Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia.
Blackout in Spagna, cosa sappiamo al momento di quanto è accaduto?
L’ultima ricostruzione dei fatti fornita dalla società Red Electrica, il corrispettivo della nostra Terna, è che ieri in Spagna alle 12:33 la rete ha avuto una prima perdita di potenza. Successivamente si è autostabilizzata e ha recuperato ma immediatamente dopo ha subito una seconda perdita di potenza che ha portato al collasso della rete. Al momento dell’incidente circa tre quarti dell’elettricità immessa in rete proveniva da fonti rinnovabili.
Per il blackout in Spagna quali cause si possono allora ipotizzare?
Il premier spagnolo Sanchez è stato molto cauto nel considerare le responsabilità e al momento nessuna causa può essere esclusa. Si può comunque già fare una riflessione. Nel 2024 in Spagna il 56% di elettricità è stata prodotta usando fonti rinnovabili. Si tratta quindi di un Paese che sta spingendo moltissimo in questa direzione e che conta di aumentare ulteriormente questa produzione, al pari di altri Paesi come la Germania che vuole arrivare all’80% nel 2030. Siamo in un territorio nuovo e per diversi aspetti inesplorato. Contesti come quello spagnolo pongono una serie di problemi di sicurezza che vanno affrontati.
Come si affrontano questi problemi?
Muovendosi in due direzioni. La prima è attraverso maggiori interconnessioni. La Spagna, ad esempio, ha una interconnessione limitata, solo 2,8 GW, con la Francia, un valore che dovrebbe passare a 5 GW nel 2028. Poi con sistemi di pompaggio idroelettrico e accumuli di grandi dimensioni come ci sono in California che consentono di intervenire immediatamente quando si verifica un problema. In Australia sono state installate batterie per oltre 8 GW. In genere i grandi impianti fotovoltaici possono essere in Europa di 100-500 MW, quindi se si staccano dalla rete possono essere gestiti attraverso questi grandi sistemi di accumulo. C’è poi una terza direzione da seguire che è quella di regolare la domanda di elettricità (demand response), ma si tratta di una soluzione che però può funzionare sul medio periodo e non in situazioni così improvvise.
In risposta al collasso della rete quali sono stati i tempi di reazione delle rinnovabili?
Nel caso del blackout in Spagna le rinnovabili sono ripartite immediatamente a differenza degli impianti alimentati dal nucleare che hanno invece bisogno di parecchio tempo per ripartire. Questa dinamica è stata messa in evidenza anche da Greenpeace Spagna.
Dunque, cosa si può dire con certezza rispetto a quanto accaduto?
La corsa delle rinnovabili in Spagna, come in altri Paesi, dimostra che si possono raggiungere livelli molto elevati di copertura della domanda ma che bisogna prendere delle precauzioni per gestire la rete e garantire la resilienza del sistema. Kristian Ruby, segretario generale di Eurelectric, un’associazione di categoria che rappresenta l’industria elettrica europea, ha dichiarato che sono emersi alcuni fatti iniziali. Intorno a mezzogiorno di lunedì 28 aprile, un collegamento ad alta tensione tra Francia e Spagna è stato interrotto, ha dichiarato. L’interruzione di corrente si è verificata poco più di 30 minuti dopo. E, secondo il responsabile del gestore spagnolo della rete elettrica, la disconnessione di molta generazione rinnovabile è avvenuta dopo l’inizio della degradazione del sistema, come conseguenza. La situazione dunque non è ancora ben chiara. Resta il fatto che occorre prevedere un incremento delle interconnessioni e l’attivazione sistemi di accumulo di larga scala.
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