Bocciata per i voti bassi fa ricorso al Tar: “Non rappresentano la mia preparazione”. I giudici danno ragione alla scuola

Una studentessa di un liceo economico sociale di Treviso è stata bocciata in terza superiore dopo non aver recuperato i debiti formativi in italiano e inglese. La giovane, che aveva ottenuto un 5 in italiano e un 4 in inglese, ha deciso di presentare ricorso al Tar, sostenendo che i risultati del recupero non rappresentassero realmente la sua preparazione. Secondo la studentessa, il consiglio di classe non avrebbe valutato il suo percorso complessivo né attuato strategie adeguate di miglioramento. Tuttavia, i giudici amministrativi hanno respinto la richiesta, confermando la validità della bocciatura.

Il ministero dell’Istruzione si era costituito in giudizio a difesa dell’istituto, e nella sentenza i giudici hanno spiegato che “la censura secondo cui i voti espressi in forma numerica non rispetterebbero la preparazione della studentessa così come descritta dai docenti non è fondata”. Inoltre, il Tar ha sottolineato che la scuola aveva ripetutamente informato la famiglia sulla situazione critica e che “l’obbligo della scuola di comunicare ai genitori l’andamento scolastico può ritenersi adempiuto mediante il semplice inserimento dei voti nel cosiddetto registro elettronico”.

Le motivazioni della sentenza e il comportamento scolastico

Durante l’anno scolastico, i docenti avevano più volte segnalato ai genitori la condizione “insufficiente in italiano e gravemente insufficiente in inglese e fisica a causa del metodo di studio, del comportamento e dell’impegno”. Nonostante gli avvisi, la famiglia aveva risposto solo parzialmente, incontrando alcuni insegnanti ma mai quello di inglese. Il Tar ha evidenziato che “resta generica e non dimostrata la doglianza secondo cui il provvedimento di non ammissione sarebbe viziato perché non terrebbe conto del percorso scolastico complessivo”.

Ha inoltre riconosciuto che “i docenti di storia, matematica e diritto sembrano avere valorizzato i progressi della studentessa avendola presentata allo scrutinio finale con il 6, nonostante una media non sufficiente”. Alla luce delle criticità persistenti e della mancanza di prove sull’inadeguatezza dei corsi di recupero, i giudici hanno concluso che il consiglio di classe non ha abusato della propria discrezionalità. “Non risulta che la studentessa o la sua famiglia abbiano mai rappresentato alla scuola alcuna inadeguatezza dei corsi di recupero attivati – conclude la sentenza – ferma restando l’ampia discrezionalità dei singoli istituti nell’organizzazione di tali iniziative”.

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