
Il via libera arriva a due settimane dall’inizio della Cop30 a Belém. Le Ong della società civile definiscono la scelta di Lula “disastrosa dal punto di vista ambientale e climatico”
Il colosso brasiliano Petrobras ha annunciato di essere stato autorizzato ad avviare l’esplorazione petrolifera al largo dell’Amazzonia. La concessione della licenza ambientale per nuove esplorazioni petrolifere nel bacino offshore del Rio delle Amazzoni, a poco più di due settimane dall’apertura della Cop30 di Belém, scatena dure critiche degli ambientalisti brasiliani.
L’Osservatorio sul clima, rete che riunisce oltre 130 enti della società civile, parla in una nota all’ANSA di “un sabotaggio alla conferenza” e afferma che il via libera “va in direzione opposta al ruolo di leader climatico rivendicato dal presidente Luiz Inácio Lula da Silva sulla scena internazionale”.
L’organizzazione aggiunge che la decisione “crea difficoltà per il presidente della Cop, André Corrêa do Lago, che dovrà spiegare l’atto ai partner internazionali del Brasile”. Le Ong definiscono la scelta “disastrosa dal punto di vista ambientale, climatico e della sociobiodiversità” e annunciano azioni legali per denunciare “le illegalità e le carenze tecniche del processo di licenza”, con l’obiettivo di annullarla.
La rete ambientalista ricorda come “i popoli indigeni, insieme a parlamentari e società civile, chiedono da tempo la fine dell’espansione del petrolio e del gas, soprattutto in aree ad alta biodiversità” come l’Amazzonia. Per le Ong la decisione “viola recenti deliberazioni della Corte interamericana dei diritti umani e della Corte internazionale di giustizia, che impongono agli Stati l’obbligo legale di proteggere il clima”.
Il governo brasiliano ha salutato con favore l’autorizzazione. L’area del ‘Margine equatoriale’ è considerata infatti la nuova frontiera petrolifera del Paese. Secondo le stime, i giacimenti potrebbero contenere fino a 5,6 miliardi di barili, pari a un aumento del 37% delle attuali riserve nazionali.
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