Canali di plastica

Leiden plastica

A Leida, in Olanda, un progetto di citizen science libera le strade d’acqua dai rifiuti per salvare gli animali 

È una delle città più pittoresche d’Olanda, celebre per aver dato i natali a Rembrandt e per essere la sede della più antica università dei Paesi Bassi (1575). Leida è un centro solcato da una miriade di canali, una rete di vie d’acqua lunga 28 km e attraversata da un centinaio di ponti, percorsi ogni anno dai circa 30mila studenti che animano la nightlife cittadina. Un flusso di persone che negli ultimi anni ha fatto aumentare la produzione di rifiuti che si riversano nei navigli, per poi finire in mare. 

«Una zuppa di plastica, mozziconi, pacchetti di patatine in cui pesci e uccelli rimangono impigliati e di cui si nutrono, arrivando a consumare quantità pari a una carta di credito a settimana», spiega il biologo Auke-Florian Hiemstra, votato “Persona dell’anno 2022” a Leida per aver lanciato, con la collega Liselotte Rambonnet, “Plastic spotter” (Ricercatore di plastica), un progetto di citizen science per ripulire i canali dai rifiuti. «L’idea è nata durante la festa del 3 ottobre, che celebra la liberazione dall’occupazione spagnola fra eventi e fiumi di birra servita in bicchieri monouso – spiega – Abbiamo contato in 100 metri di canale 7.000 bicchieri galleggianti. Ne abbiamo fotografati mille per la mostra “Canal cups”, pubblicandone online uno al giorno e taggando nei post i gestori dei locali, l’assessore responsabile, il sindaco e i produttori di birra». Dopo un anno, la città è passata ai bicchieri riutilizzabili su cauzione, diventando la prima nei Paesi Bassi ad abbandonare il monouso. Un successo. Eppure i rifiuti non diminuivano. «È nato così “Plastic spotter”, con l’avvio di una campagna di pulizia settimanale a bordo di canoe che ha raccolto dati importanti sull’inquinamento delle acque dolci». 

Il team conta su 6 canoe biposto, frutto di un crowdfunding, riempite man mano di immondizia, poi svuotata su un’imbarcazione che le segue. «In 3 anni abbiamo coinvolto mille volontari, seguiti da dieci supervisori che organizzano anche tour nel nostro piccolo museo». Questo è situato in una bridgehouse, una casa-ponte a Marebrug ribattezzata “De Grachtwacht” (La Guardia del canale). «Qui smistiamo il carico, contiamo le bottiglie in Pet e le lattine. Abbiamo ritrovato anche barattoli degli anni ‘90 e sex toys», puntualizza il biologo.  

«Durante la pandemia abbiamo raccolto più di 3.000 mascherine, usate dalle folaghe come materiale da nidificazione. Nei canali di Amsterdam non se ne trova uno senza», assicura Hiemstra, autore di uno studio pubblicato su Animal Biology sull’uso della plastica nell’architettura dei nidi. La documentazione raccolta è diventata una mostra. Emblematico lo scatto di un pesce morto in un guanto di lattice. 

Per mostrare l’impatto dei dispositivi di protezione individuale sugli animali, i volontari hanno aperto la piattaforma covidlitter.com. Finora ha raccolto oltre 150 testimonianze, condivise da veterinari, centri di soccorso per animali, birdwatcher, fotografi naturalisti e raccoglitori di rifiuti da tutto il mondo. Una volpe e un cane morti nel Regno Unito, uccelli in Canada. Un cigno e un germano reale in Italia. Granchi in Francia, cormorani in Finlandia, pinguini di Magellano in Brasile, macaki in Malesia. E poi gatti, ricci, gabbiani, pipistrelli.