Cannes 2025, Thierry Fremaux commenta i dazi al cinema di Trump: “Cambia idea e si contraddice spesso”

Alla vigilia dell’inaugurazione del Festival di Cannes 2025, lo storico direttore del festival, Thierry Frémaux, ha commentato la recente imposizione di Donald Trump dei dazi del 100% sui film non americani, scegliendo una linea diplomatica durante la sua conferenza stampa. Il direttore ha riconosciuto che Trump tende spesso a contraddirsi, rendendo prematuro ogni giudizio definitivo. In un contesto segnato da tensioni crescenti tra le industrie cinematografiche europee e statunitensi, Frémaux ha voluto ribadire che il cinema, anche sotto pressione, trova sempre il modo di esistere e reinventarsi.

Dichiarazione

Il presidente americano ci ha abituato, negli ultimi tre mesi, a dire una cosa e poi ad aggiungervi altre cose, a elaborarle, a contraddirla, ecc. Quindi, no, non so cosa dire“. – Thierry Frémaux, direttore artistico del Festival del cinema di Cannes

Frémaux, come segnalato da Variety, ha osservato come l’idea di penalizzare il cinema americano all’estero sia una questione che merita discussione, ma ha anche ricordato che, dopo la pandemia di COVID-19, la riduzione dei film americani ha favorito il successo delle produzioni internazionali. Pur evitando di sbilanciarsi sui potenziali impatti concreti dei dazi, Frémaux ha espresso il suo amore per il cinema americano, citando i debutti registici di Scarlett Johansson e Kristen Stewart a Cannes come esempio della vitalità statunitense. Ha aggiunto che anche registi affermati come Spike Lee sono presenti con nuovi lavori, rafforzando l’idea che gli Stati Uniti restano una grande patria per il cinema. Il direttore ha precisato che Cannes non permetterà mai che la creatività e la forza del cinema vengano soffocate da decisioni politiche.

Dichiarazione

L’idea che il cinema americano possa essere penalizzato dai paesi stranieri è, credo, un’idea che può essere discussa, ma c’è una cosa che abbiamo notato, in particolare nei mesi e negli anni successivi al COVID nel 2021 e nel 2022, ed è che c’erano meno film americani in giro per il mondo, quindi le produzioni locali (non statunitensi) hanno avuto più successo e il cinema trova sempre una via d’uscita. C’erano molte domande sul cinema americano, e ce ne sono ancora, sullo sciopero degli attori, sullo sciopero degli sceneggiatori, sugli incendi di Los Angeles e forse a volte su un rallentamento nella produzione di blockbuster degli studios, ma a quanto pare quest’anno il programma americano c’è ed è ricco. Gli Stati Uniti rimangono un grande paese per il cinema. Appartengo a una generazione per la quale amare il cinema significava amare il cinema americano“. – Thierry Frémaux, direttore artistico del Festival del cinema di Cannes

Donald Trump
Donald Trump, fonte: ABC News

Curiosamente, solo un giorno dopo l’annuncio ufficiale dei dazi il 4 maggio, Trump e la Casa Bianca hanno iniziato a rivedere la propria posizione, segnalando un possibile dietrofront. Il presidente ha dichiarato alla stampa di non voler danneggiare l’industria cinematografica, promettendo incontri con i rappresentanti del settore per trovare un accordo che salvaguardi i posti di lavoro. Fra le proposte più radicali presentate al presidente vi è stata quella dell’attore Jon Voight, che ha suggerito un’imposta del 120% sulle produzioni cinematografiche e televisive realizzate all’estero con benefici fiscali stranieri, nel tentativo di “rendere Hollywood grande di nuovo“.

Nonostante queste turbolenze, la 78ª edizione del Festival di Cannes si apre con grande ottimismo, inaugurata dal film d’esordio di Amelie Bonnin, Leave One Day, sotto la presidenza della giuria affidata a Juliette Binoche e con la premiazione della Palma d’oro alla carriera a Robert De Niro. Frémaux, ancora una volta, ricorda che il cinema, americano o internazionale, ha sempre saputo sopravvivere alle tempeste.

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