Colloqui di lavoro, attenzione a questa domanda comune ma illecita: avvocato spiega perché il datore non deve farla

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Colloqui di lavoro, attenzione a questa domanda comune ma illecita: avvocato spiega perché il datore non deve farla

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Ecco la domanda frequente, ma illecita, che il datore di lavoro non dovrebbe assolutamente fare durante i colloqui: la spiegazione dell’avvocato.

Durante i colloqui di lavoro, la normativa italiana tutela privacy e dignità del candidato, vietando espressamente tutte le domande che indagano aspetti personali irrilevanti per il ruolo. Le domande sullo stato civile, sulla presenza di figli o sull’intenzione di averne, così come quelle su eventuali disabilità, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, sono considerate discriminatorie. Lo stesso vale per richieste relative a opinioni politiche, religiose o sindacali, e per quelle che indagano l’origine etnica o la nazionalità. Anche se formulate in modo apparentemente innocuo, alcune domande risultano comunque vietate. Chiedere, ad esempio, come il candidato prevede di gestire i figli, oppure se intende sposarsi, è ritenuto lesivo della sfera privata. Perfino quesiti sulla gestione delle festività o su eventuali periodi di malattia possono configurarsi come discriminatori, salvo rari casi giustificati da esigenze specifiche e normate.

Più subdole sono le cosiddette domande “trabocchetto”, che mascherano l’intento discriminatorio dietro formule ambigue. Frasi come “Come ti vedi tra cinque anni?” o “Hai impegni che potrebbero limitare la tua disponibilità?” possono celare l’interesse per aspetti privati non rilevanti. In ogni caso, la legge è chiara: nessuna informazione personale può giustificare l’esclusione da un processo di selezione. La normativa, dallo Statuto dei Lavoratori al Codice delle Pari Opportunità, garantisce al candidato il diritto alla parità di trattamento, indipendentemente dalla sua situazione personale.

Colloqui di lavoro: ecco la domanda frequente ma vietata

C’è un’altra domanda, che può sembrare innocua, ma, in realtà, è esplicitamente vietata dalla legge italiana. A rivelarla, è stata anche una nota esperta di diritto del lavoro, l’avvocato Wanda Falco. La legale, in particolare, ha rivelato che non possono essere rivolte domande sulla salute fisica e mentale del candidato, per quanto comuni possano apparire. Esse non sono consentite, spiega l’esperta, perché sono considerate discriminatorie, in quanto violano il divieto di discriminazione nell’accesso all’impiego. Inoltre, sono vietate in quanto violano la privacy delle persone. Tuttavia, però, secondo l’esperta, le aziende continuano a fare queste domande, in quanto l’intento è quello di evitare tutte le problematiche legate alla gestione delle assenze dei lavoratori. Assenze, ad esempio, per malattia, congedi e permessi.

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La domanda da non fare. (Fonte: Instagram – @avv.wandafalco).

È per questo motivo che ad alcuni candidati potrebbero sembrare domande lecite, ma non è così. Infatti, il Codice delle Pari Opportunità, all’art. 27 del D.lgs. 198/2006, vieta ai datori di lavoro di porre domande sullo stato di salute durante i colloqui, salvo eccezioni previste per categorie protette. Anche il D.lgs. 276/2003 conferma il divieto di indagare sulla salute fisica dei candidati. Queste norme tutelano la privacy e la dignità del lavoratore, assicurando che la selezione si basi esclusivamente sulle competenze professionali, senza interferenze da elementi personali o potenzialmente discriminatori.

Come si risponde a queste domande?

L’esperta ha, inoltre, spiegato come rispondere a domande quali “Hai mai sofferto di ansia o attacchi di panico?“, o “Stai seguendo delle terapie, delle cure mediche?“, o anche “Com’è il tuo stato mentale?“. Si può non rispondere, o, secondo l’esperta, si può anche rispondere dicendo di godere di ottima salute, in qualsiasi caso. È, dunque, legittimo anche rispondere mentendo. L’avvocato, in effetti, spiega che solo il medico può accertare l’idoneità fisica e/o mentale alla mansione, nella visita preassuntiva: è inutile rischiare di rovinare il colloquio, quando sarà il parere medico ufficiale a determinare se le condizioni di salute sono sufficienti a garantire l’idoneità al lavoro.

 

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Giuseppe Meccariello