Comunicazione atomica, la strategia vincente dei sostenitori del nucleare

Il sistema di comunicazione del nucleare è efficiente e rischia d’influenzare il futuro energetico dell’Italia. Gli operatori delle rinnovabili non adottano un approccio simile

Negli ultimi anni, le tematiche della comunicazione sull’energia nucleare in Italia sono diventate centrali, soprattutto in seguito al rinnovato interesse politico e industriale per le nuove tecnologie nucleari che promettono soluzioni, ipotetiche, alle questioni energetiche anche in relazione alla decarbonizzazione. Aspetto questo che viene particolarmente enfatizzato, assieme a un’assoluta e presunta riduzione dei costi energetici per cittadini e imprese dai filonuclearisti; anche in base a una suddivisione d’età. Per i giovani si punta sugli aspetti che legano l’atomo alla lotta ai cambiamenti climatici, per le persone più mature si presenta il nucleare come occasione per contenere i costi in bolletta, visti come unico elemento che ostacola la competitività del sistema industriale italiano. Le strategie di comunicazione dei fautori del “rinascimento nucleare” in salsa italica, si fondano su tre pilastri. Il primo, è l’approccio istituzionale che si basa, in nome di una presunta neutralità tecnologica, sulla mozione parlamentare del maggio 2024 che impegna il Governo a incentivare, per ora solo sotto il profilo della normativa, le cosiddette “nuove tecnologie nucleari”, che almeno per i prossimi cinque-dieci anni, esistono solo sulla carta come i piccoli reattori modulari SMR o reattori di IV generazione. Il tutto descritto come soluzione semplice, accessibile e rapida. Con qualche dubbio anche in seno al Governo. Non deve sfuggire, infatti, il fatto che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha parlato poche volte di nucleare e quando lo ha fatto ha sempre citato la fusione e mai la fissione.

Il secondo pilastro, è quello della adozione, da parte del versante dei filo-nuclearisti più smart, di campagne di comunicazione multicanale, road show, conferenze con esperti, materiali informativi per giovani e adulti, video e podcast che uniscono in apparenza rigore e informalità. Il caposaldo di questa comunicazione è Luca Romano, fisico torinese, con un’esperienza pregressa di tipo manageriale nel gaming che ha creato nell’aprile 2020, in pieno lockdown: l’Avvocato dell’Atomo e che oggi, forte di oltre 450mila follower sulle diverse piattaforme social, coordina un team di oltre venti persone tra fisici, ingegneri e divulgatori.

Il terzo pilastro deriva dai primi due ed è quello del coinvolgimento di giornalisti, comunicatori scientifici, non solo, determinante per offrire spiegazioni semplici che spesso sul nucleare, ma anche sull’energia più in generale sconfinano nel semplicismo, amplificando e rafforzando la comunicazione e l’informazione in una sorta di loop che si autoalimenta.

In pratica, i contenuti diffusi in massa sui social dagli influencer hanno due obiettivi principali: da un lato, creare un background condiviso che orienti l’opinione pubblica – e di riflesso media e decisori politici – a favore del nucleare; dall’altro, “certificare” la comunicazione social attraverso contenuti di alto profilo, realizzati o confutati da politici, tecnici o firme giornalistiche. Questo processo produce due effetti: da un lato, aumenta in modo esponenziale la quantità di contenuti, rendendo di fatto impossibile una valutazione qualitativa accurata; dall’altro, conferisce legittimità a contenuti che, in realtà, non ne avrebbero. Il problema di fondo è che gli operatori delle rinnovabili – che nei fatti rappresentano l’alternativa al nucleare – non solo non adottano un approccio comunicativo simile, ma spesso nemmeno ne conoscono le dinamiche. Eppure si tratta di una questione cruciale: la comunicazione energetica sarà determinante per il futuro del nostro Paese. Un aspetto che, purtroppo, molti ambientalisti stanno sottovalutando.

L’articolo è tratto dal numero di QualEnergia di luglio/agosto 2025

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