“Il Principe della Pace è nato: e il Suo Regno non avrà fine” è la traduzione del titolo del concerto che verrà eseguito all’interno della chiesa romana di San Gioacchino in Prati il 28 dicembre (via Pompeo Magno, 25).
Tale luogo, conosciuto anche come “Chiesa delle Nazioni”, si inserisce perfettamente e nella natura poliedrica e multiculturale della proposta musicale che verrà presentata e nella natura di comunione filiale, fraterna ed universale che lo spirito giubilare intende edificare.
Il concerto è stato ideato e scritto da Francesca Briganti, contestualmente anche voce solista, mentre gli arrangiamenti sono stati curati da Valerio Mileto, e vedrà la partecipazione dell’attore Mario Autore.
Il progetto prevede l’esecuzione di brani esemplificativi di diverse tradizioni musicali, espressione a loro volta della spiritualità di popoli lontani tra loro, ma uniti dall’accoglienza dell’Annuncio del Vangelo e della persona, divina e umana insieme, del Verbo incarnato Cristo Gesù, perfetta manifestazione del volto misericordioso del Padre.
Si darà pertanto vita ad un abbraccio sincretico tra la cultura cristiana in lingua semitica e le medesime di tradizione latina medievale, di tradizione anglosassone di età moderna, di tradizione statunitense ed italiana di età contemporanea.
Verrà quindi proposto allo spettatore un viaggio all’interno della spiritualità cristiana, ed in modo particolare della lode rivolta a Dio in musica nel corso dei secoli da popoli di lingua e cultura diverse; non perdendo allo stesso tempo l’occasione di rielaborare il modello canonico di “concerto di Natale” sovente presentatoci in Occidente, proponendo brani ed arrangiamenti che suoneranno non familiari al pubblico italiano, ma in grado ugualmente di toccare le singole sensibilità.
La volontà di affermare l’opera di pacificatore tra le nazioni e di liberatore degli oppressi del Dio fatto Uomo muove invece la scelta di realizzare un concerto attraverso cui presentare il dramma della “strage degli innocenti” di oggi. Tale intento trova concretezza nella decisione di eseguire il concerto in oggetto il 28 dicembre, data in cui la Chiesa Cattolica fa memoria dei Santi Martiri innocenti.
In un tempo storico in cui la voce ed il sangue del povero e dell’innocente gridano a Dio dalla terra (cf. Gen 4,9) con particolare dirompenza, emerge infatti l’urgenza di dare spazio soprattutto alla voce dei fratelli più piccoli ed indifesi vittime della violenza e delle ingiustizie del nostro tempo, attraverso la delicatezza e l’efficacia della musica e della Parola. “Cristo è giunto a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e
ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, e a proclamare l’anno di
Grazia del Signore” (cf. Lc 4, 18-19) e tale annuncio non può essere tenuto
nascosto.
A fungere da trait d’union tra le epoche, i popoli e le diverse culture musicali
rappresentati sarà la voce dell’interprete solista, alla quale è affidato il ruolo di
figura in parte atemporale, che si muoverà tra essi rimanendo comunque calata nella storia dell’uomo, mentre spetterà all’attore Mario Autore, voce narrante del concerto, il delicato compito di identificare l’attualità della Parola di Dio, che, viva ed efficace, corre lungo il filo della storia umana, dimostrando la Sua natura imperitura, come la Sua peculiare capacità di risultare sempre attuale rispetto a qualsiasi epoca e condizione umana.
Ad Autore compete anche il ruolo di incarnare appunto l’uomo contemporaneo che si lascia interrogare dalla dirompenza e dalle unicità e straordinarietà della rivelazione e della proposta cristiane e che al contempo interroga lo spettatore, con cui condivide la condizione di finitezza che la sola dimensione umana e terrena consegna all’uomo, in una tensione verso l’alto atta a farlo ricongiungere con la propria condizione infinita, eterna e quindi divina.
Peculiarità del progetto è l’aver raccolto la sfida di conciliare culture musicali
apparentemente divergenti e di avvicinare ed attraversare le epoche proponendo ogni volta quadri diversi ma in linea di continuità tra loro, a creare un dialogo inatteso eppure armonioso ed impattante. In questa visione rientra l’ulteriore sfida sperimentale di mettere in piedi un ensemble formato da strumenti propri di determinate culture musicali e di chiamarli ad interagire l’uno con l’altro, in un rapporto di complementarietà tra essi rappresentativo della complementarietà tra i popoli e le nazioni, che, se espressa, costituisce una ricchezza particolarmente fruttuosa non solo per lo sviluppo delle arti, ma anche e soprattutto per lo sviluppo della fratellanza umana.
È così che i contemporanei synth si armonizzeranno con gli atavici suoni prodotti dal ney e dall’oud, peculiari degli ensemble arabi, persiani e turchi; mentre il suono vivace del tin whistle, sorretto da quelli delle percussioni e del violino, catapulterà lo spettatore entro la cultura popolare delle Isole britanniche.
Intento finale è quindi quello di rappresentare ed esprimere al meglio il ruolo di sintesi delle emozioni e dei sentimenti più profondi che la musica e l’arte in
generale svolgono a servizio dell’opera creatrice di Dio, volta ad edificare la
divina Bellezza insita nell’uomo, a promuoverla e a diffonderla nella storia e nei tempi.
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