Disabilità e diritti violati: intervista a Francesco Paolo Dho, presidente di Fincopp Lazio

Molte persone con disabilità motorie, che necessitano di stampelle, deambulatori, carrozzine o protesi, così come chi convive con malattie croniche — dall’incontinenza urinaria o fecale alle disfunzioni sessuali e del pavimento pelvico — si trovano ogni giorno a fare i conti con ostacoli concreti nell’accesso a prestazioni e servizi. Una situazione che compromette non solo la qualità e i tempi delle cure, ma anche la piena tutela dei loro diritti fondamentali.

Per dare voce a criticità troppo spesso invisibili, la Federazione Italiana Incontinenti e Disfunzioni del Pavimento Pelvico – FINCOPP OdV, attiva dal 1999 e punto di riferimento per oltre 7 milioni di assistiti in Italia colpiti da queste disfunzioni, si unisce all’Associazione Paraplegici di Roma e del Lazio e alla Fish Lazio in una denuncia chiara e concreta. Le tre realtà richiamano l’attenzione delle istituzioni e sollecitano interventi immediati, mettendo in luce le gravi lacune del sistema. Tra queste, l’assenza di un registro nazionale o regionale aggiornato dei lesionati midollari in carrozzella, strumento essenziale per una gestione efficace, che oggi pesa quotidianamente sulla vita dei singoli e delle loro famiglie.

Nell’intervista, il presidente di Fincopp Lazio, Francesco Paolo Dho, racconta le difficoltà concrete vissute dalle persone con disabilità: dalla limitazione del diritto di scelta degli ausili alla frammentazione del sistema, fino ai ritardi nelle forniture e alle conseguenze psicologiche e sociali che ne derivano. Un quadro che mette in evidenza l’urgenza di rivedere i piani terapeutici e i percorsi riabilitativi negati (PDTA), per garantire cure realmente efficaci ed eque, in linea con i diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (CRPD, 2006), sottoscritta dall’Italia nel 2007 e ratificata con la Legge n. 18 del 3 marzo 2009.

L’intervista al Presidente Fincopp Lazio

Nonostante le circolari delle ex ministre della Salute Rosy Bindi e Beatrice Lorenzin, nulla è cambiato nelle procedure del sistema sanitario: l’erogazione dei servizi e degli ausili resta bloccata da lentezze, rigidità e lacune strutturali, quando non addirittura segnata dalla consegna di prodotti inutilizzabili. Una delle cause principali è l’applicazione dell’articolo 59 del Nuovo Codice degli appalti, che ha drasticamente ridotto il numero delle aziende fornitrici”.  Un atto d’accusa diretto al sistema sanitario, che fotografa con chiarezza le difficoltà vissute quotidianamente dai pazienti.

Negli ultimi anni si parla sempre più spesso di un arretramento in materia di diritti fondamentali. Dal suo osservatorio, qual è la situazione attuale?

La sensazione è purtroppo confermata dai fatti: stiamo vivendo non solo una fase di stallo, ma un vero e proprio arretramento. Un ambito particolarmente critico riguarda il diritto di scelta terapeutica, ossia la possibilità di selezionare, insieme al proprio specialista, gli ausili più idonei alla condizione clinica. Questo diritto, che dovrebbe essere inviolabile viene invece progressivamente eroso da procedure di gara pubblica che, in nome del contenimento della spesa, vincolano le forniture a pochi operatori economici, riducendo in maniera drastica la libertà di scelta dell’utente.

Si tratta di una situazione contingente o di problematiche più profonde e radicate nel tempo?

Alcune criticità hanno origini remote, ma oggi l’art. 59 del nuovo Codice degli appalti nei fatti colpisce seriamente questi Cittadini. Mentre gli specialisti prescrivono dispositivi medici selezionati in base alle esigenze cliniche individuali e in considerazione del numero dei prodotti da utilizzare ogni dì, in fase di autorizzazione ed erogazione, questi ausili vengono messi in discussione rispetto ad altri fino a venire negati. Non si tratta di discrepanze marginali, ma di veri e propri dinieghi che compromettono la continuità terapeutica mandando in soffitta l’esigibilità del diritto di scelta degli ausili che vengono usati sul e dentro il proprio corpo (vedi il recente caso con l’ASL di Frosinone che ha esasperato l’utenza e le diverse denunce che abbiamo effettuato come  associazioni Aistom e Fincopp nazionale).

Quali sono le motivazioni addotte per giustificare questi dinieghi?

La ragione risiede nell’art. 59 del nuovo Codice degli appalti pubblici e nelle tre gare d’appalto bandite tra il ‘20 e il ‘22. Queste gare hanno generato un’allocazione statica delle risorse, i fornitori vincitori hanno ottenuto quote di budget fisse per specifici ausili. Di conseguenza, se il dispositivo prescritto rientra in una linea di prodotto per la quale il budget è stato esaurito, la fornitura viene negata. In alternativa, l’utente riceve un dispositivo dichiarato “a pari caratteristiche tecniche”. Ma si tratta di un’affermazione fuorviante, la parità tecnica non è reale, perché tra ausili della stessa categoria esistono differenze sostanziali, in termini di innovazione, efficacia e impatto sulla qualità della vita.

In altri termini, non si tratta soltanto di un problema di scelta, ma anche di appropriatezza clinica.

Esattamente. È improprio sostenere che due dispositivi siano equivalenti solo perché appartengono alla medesima macro-categoria del nomenclatore tariffario. Per usare una metafora semplice: non si può paragonare una Fiat 500 a una Ferrari solo perché entrambe sono automobili. Alcuni ausili di nuova generazione, ad esempio nel settore urologico, riducono in maniera significativa il rischio di infezioni urinarie e altre complicanze che possono portare in ospedale, e si consegue un duplice beneficio. Migliorano la salute del paziente da un lato,  generando un risparmio significativo a lungo termine per il Servizio sanitario dall’altro. Negare questi ausili è un approccio miope che non solo lede un diritto, ma anche produce inefficienza economica.

Riscontriamo problemi trasversali, che non riguardano una sola Regione e non dipendono dall’orientamento politico delle amministrazioni. Si tratta di criticità strutturali del modello attuale di procurement sanitario.

In concreto, che cosa comporta per i pazienti questa impostazione?

Innanzitutto, la restrizione delle possibilità di scelta già a monte. Se un determinato ausilio non rientra tra quelli dei due o tre fornitori vincitori della gara, l’utente non può ottenerlo. In passato, almeno, era prevista una forma di flessibilità, cioè, qualora l’ausilio desiderato avesse un costo superiore rispetto a quello riconosciuto dall’ASL, l’utente poteva integrare la differenza economica. Oggi questo meccanismo di compartecipazione è stato bloccato. La conseguenza è gravissima: se il dispositivo non rientra tra quelli contrattualizzati, l’utente deve acquistarlo interamente a proprie spese.

Può fare un esempio concreto di queste difficoltà?

Il caso delle carrozzine è emblematico. Ad oggi, l’intero ausilio è fornito da un unico operatore di scelta dell’utente, che garantisce la compatibilità tra i diversi componenti. Per come è stata strutturata la gara la fornitura invece sarà frammentata: un fornitore consegna la base della carrozzina, un altro l’unità posturale, un terzo il cuscino antidecubito. Questo comporta seri problemi di integrazione tecnica: non sempre i componenti sono compatibili, con il risultato che l’utente e le sanitarie devono faticare per assemblare soluzioni non sempre funzionali. Ultimo, ma non ultimo, la scelta sarà al massimo tra tre prodotti a fronte di diverse decine presenti nel mercato.

È evidente che, invece di semplificare, il sistema attuale accresce la complessità e il disagio per la persona con disabilità e per la sua famiglia che si arrende e rinuncia. Spesso si sottovaluta, inoltre, un aspetto importantissimo: il caregiver per assistere il familiare con disabilità deve rinunciare, talvolta, al proprio lavoro con conseguenze devastanti per l’economia dell’intero nucleo familiare ed aggrava il bilancio pubblico di spesa nella sua trasformazione da “cittadino attivo contribuente” a “cittadino inattivo non contribuente da assistere” in termini socio-economici.

Un ulteriore aspetto, profondamente sottovalutato, è l’impatto drammatico che situazioni come quelle appena citate producono sulla psiche della persona con disabilità. Convivere con la malattia non è semplice, ma non ricevere le adeguate e dovute tutele con procedure burocratiche che ne scoraggiano nei modi e nelle tempistiche l’accesso, forse, è ulteriormente svilente. Il disagio psicologico che ne deriva, infatti, intacca la propria autostima nella perdita della propria autonomia con lo stigma della dipendenza, il proprio lavoro, la relazione di coppia, la famiglia e la socialità, rendendo difficoltosa la gestione dei rapporti interpersonali che porta poi all’implosione in casa e alla depressione.

Dunque, il nodo centrale rimane la tutela del diritto di scelta.

Sì. Non parliamo, infatti, soltanto di etica morale o deontologia, bensì di un diritto sancito dalla Costituzione italiana e dai principali trattati internazionali sui diritti umani, quali la convenzione ONU precedentemente citata. Eppure, nella pratica, viene sacrificato sull’altare della razionalizzazione della spesa. È un approccio miope, che produce disuguaglianze, peggiora la qualità delle cure e, paradossalmente, genera maggiori costi per il sistema sanitario.

Cosa si aspetta per il futuro?

Ci auspichiamo che le nostre voci vengano ascoltate, perché non si può ridurre tutto a una sterile e fredda burocratizzazione di un sistema che ancora non si comprende debba essere orientato e costruito “sulla persona”, fruitrice delle sue legittime e personali, incomprimibili esigenze. In conclusione, l’esperienza insegna che solo coinvolgendo i rappresentanti degli utenti finali si riescono a elaborare politiche e misure assistenziali efficaci ed efficienti, che permettono anche di conseguire risparmi economici importanti. Questo ascolto, purtroppo, si sta riducendo negli ultimi tempi, fino a reiterate richieste di interlocuzione ignorate dai responsabili regionali.

A breve una conferenza stampa

Sì, il 23 settembre alle 10:30, presso la Piccola Protomoteca del Campidoglio, tre tra le più importanti associazioni del settore — l’Associazione Paraplegici di Roma e del Lazio con il presidente Pietro Vittorio Barbieri (anche presidente dell’Osservatorio Disabilità Roma Capitale), Fincopp Nazionale (Federazione Italiana Incontinenti e Disfunzioni del Pavimento Pelvico) con il suo presidente, Cav. Francesco Diomede, Fincopp Lazio con il sottoscritto presidente, Francesco Paolo Dho, e Fish Lazio (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) con il presidente Daniele Stavolo — terranno una conferenza stampa per denunciare una situazione ormai insostenibile per le persone con disabilità. La conferenza stampa, che avrà come leitmotiv lo slogan “Nulla su di noi senza di noi”, porterà queste e altre criticità all’attenzione del pubblico e dei decisori.

L’articolo Disabilità e diritti violati: intervista a Francesco Paolo Dho, presidente di Fincopp Lazio proviene da Blitz quotidiano.