Elettricità, l’Italia può decarbonizzare la produzione utilizzando solo fonti rinnovabili

Pannelli fotovoltaici dell'Innovation Lab di Enel a Catania

Nel 14esimo anniversario dell’incidente nucleare di Fukushima, il Rapporto “Elementi per un’Italia 100% rinnovabile”, elaborato da docenti e ricercatori del Network 100% Rinnovabili, sottolinea che tornare a centrali nucleari a fissione è una scelta impraticabile, troppo costosa e rischiosa

Presentato questa mattina a Roma, in un convegno organizzato dal Network 100% Rinnovabili, il Rapporto Elementi per un’Italia 100% rinnovabile. Nel testo si presenta, con il supporto di una vasta e aggiornata documentazione, un quadro ampio e articolato della transizione energetica che richiede un cambiamento nei vettori energetici con una forte penetrazione dell’energia elettrica e un cambiamento nella struttura degli usi finali. Per promuovere una decarbonizzazione veloce e a basso costo occorre puntare su un forte sviluppo del solare e dell’eolico, integrati fra loro in modo da utilizzare in sinergia la diversa produzione stagionale. Il potenziale eolico italiano è più che sufficiente per far fronte al forte fabbisogno della decarbonizzazione in modo integrato con una forte crescita del solare a terra. Lo sviluppo del solare richiede l’utilizzo di piccole percentuali del territorio ed è improprio parlare di “consumo di suolo” perché gli impianti fotovoltaici a terra possono essere un’occasione per la biodiversità. La transizione avrà un suo paesaggio rinnovabile del quale l’eolico farà parte, diverso da quello fossile. Occorre tenere ben presente che i paesaggi sono sempre storicamente cambiati e che attualmente non è sostenibile un’estetica del paesaggio che prescinda dalla responsabilità di concorrere alla mitigazione di una crisi climatica dagli esiti devastanti. I processi autorizzativi devono essere rapidi e coerenti con la necessità di accelerare la transizione: la tendenza a estendere aree inidonee per gli impianti eolici e solari va contrastata, fatta eccezione solo per aree di particolare valore naturalistico, culturale, storico e paesistico. Il Rapporto allarga l’analisi anche agli usi razionali e migliori delle biomasse, all’idroelettrico esistente e a un suo ripensamento in un’epoca di estremizzazione climatica, alle reti di teleriscaldamento per aumentare le opzioni di decarbonizzazione, agli accumuli distribuiti per usi termici e alla geotermia ad alta e bassa entalpia. Presenta, infine, indirizzi e proposte per le riqualificazioni energetiche degli edifici, per l’utilizzo razionale dell’idrogeno e degli elettro-bio-combustibili.

Il testo integrale del Rapporto “Elementi per un ‘Italia 100% rinnovabile” (pdf), con l’elenco dei docenti e ricercatori che l’hanno sottoscritto si può scaricare sul sito web www.100x100rinnovabili.net

Impianto nucleare di Flamanville in Francia
Un tecnico davanti all’impianto di Flamanville, in Francia

Nel giorno dell’anniversario dell’incidente nucleare di Fukushima, la coalizione 100% Rinnovabili Network, promossa da esponenti di decine di Università e Centri di ricerca, del mondo delle imprese, del sindacato e del terzo settore da Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente e WWF Italia, ha portato in primo piano, nel corso dell’incontro odierno, anche cinque questioni cruciali contro il ritorno alle centrali nucleari in Italia:

  1. il declino di questa tecnologia: dopo il picco, circa il 17% della produzione elettrica mondiale, raggiunto al termine del secolo scorso, è iniziato un trend discendente, che ha portato il contributo del nucleare a calare fino al 9,2% nel 2022;

2 e 3. i costi molto elevati e i tempi di costruzione lunghissimi, come dimostrano le esperienze di Flamanville in Francia, Olkiluoto in Finlandia e Hinkley Point in Gran Bretagna;

4. le centrali nucleari a fissione dell’uranio generano isotopi altamente radioattivi, con tempi di dimezzamento della radioattività che, per il plutonio, arrivano a 24 mila anni, generano quindi combustibile esaurito, scorie e rifiuti nucleari pericolosi, difficili e costosi da gestire;

5. l’Italia non dispone né di uranio né di impianti di arricchimento e produzione del combustibile nucleare che è costoso e andrebbe importato, probabilmente dalla Russia che detiene il 38% della capacità globale di conversione dell’uranio e il 46% della capacità di arricchimento.