
L’associazione ambientalista: “No alla nave rigassificatrice di Taranto. Il biometano è un’alternativa strategica e rinnovabile per l’ex Ilva”
Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso e il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, hanno presieduto oggi a un incontro tecnico in merito all’approvvigionamento energetico necessario per il piano di decarbonizzazione dell’ex Ilva. Nel corso della riunione sono state esaminate tutte le possibilità di approvvigionamento di gas per gli stabilimenti dell’ex Ilva, sia in relazione alla realizzazione dei nuovi forni elettrici, sia degli impianti DRI (Direct Reduced Iron) essenziali per garantire l’autonomia strategica del nostro Paese.
L’incontro odierno si è svolto in vista dell’elaborazione del Piano siderurgico nazionale e precede di pochi giorni la riunione non stop prevista per martedì 8 luglio al Mimit, alla quale parteciperanno tutte le amministrazioni, nazionali e locali della Puglia, coinvolte nella sottoscrizione dell’Accordo di Programma interistituzionale per la decarbonizzazione dello stabilimento ex Ilva di Taranto.
Legambiente rilancia la proposta di una transizione ecologica dello stabilimento ex Ilva di Taranto che punti sul biometano al posto del gas fossile. “Mentre il ministro Urso insiste sulla necessità di una nave rigassificatrice – si legge in una nota – non viene chiarito quanta quantità di gas servirebbe, per quanto tempo, né perché non si possa utilizzare il gas già disponibile, ad esempio attraverso il Tap”.
Secondo l’associazione ambientalista, “esiste già un’alternativa strategica e rinnovabile al gas da importazione: il biometano, ottenuto da scarti agricoli, reflui zootecnici e rifiuti organici. A differenza del gas, è una fonte rinnovabile che può ridurre le emissioni di gas serra”.
Legambiente richiama il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), secondo cui l’Italia dovrà produrre 5,7 miliardi di metri cubi l’anno di biometano entro il 2030. Ad oggi, impianti già incentivati raggiungono 2,1 miliardi di metri cubi/anno, con 750 milioni già in esercizio. “Una quantità – sottolinea l’associazione – più che sufficiente per i futuri consumi dell’ex Ilva, stimati in meno di un miliardo di metri cubi l’anno per la produzione di 2,5 milioni di tonnellate di preridotto”.
La posizione è netta anche sul fronte delle tecnologie da adottare. “I forni elettrici ad arco (Eaf), alimentati da preridotto e rottame, sono oggi la scelta più sostenibile. Per una produzione annua di 6 milioni di tonnellate di acciaio basta un solo impianto Dri. Non serve altro gas, ma energia rinnovabile e idrogeno verde”. Legambiente conclude con un appello alla politica: “Non ci sono ostacoli tecnici per chiudere altoforni e cokerie prima del 2030. L’insistenza sulla nave rigassificatrice sembra piuttosto funzionale alla strategia del governo di fare dell’Italia un hub del gas, mentre rallenta lo sviluppo delle rinnovabili, l’unica vera via per la decarbonizzazione”
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