
Il nuovo rapporto di Dam Removal Europe rivela che il numero di rimozioni è cresciuto dell’11% rispetto all’anno precedente, segnando un record, con la Finlandia in testa. Per la Nature restoration law, l’Europa deve ripristinare almeno 25mila km di corsi d’acqua entro il 2030
Nel 2024 l’Europa ha smantellato 542 dighe, sbarramenti, canalizzazioni e sistemi di chiuse che bloccavano il libero flusso dei fiumi. Un numero record, che aiuta tanti corsi d’acqua a riprendere il loro destino naturale. I fiumi europei, infatti, sono i più frammentati al mondo. Secondo uno studio pubblicato su Nature nel 2020, ci sono più di 1,2 milioni di barriere fluviali (Belletti et al. 2020) nel nostro continente, e altre continuano a essere costruite. Ma rimuoverle e lasciare i fiumi liberi di scorrere sarebbe uno dei metodi più economici ed efficaci per tutelare la biodiversità e migliorare la resistenza del sistema anche ad eventi estremi, come le alluvioni. Gli esperti ritengono che lo sbarramento dei fiumi sia una causa significativa del declino della biodiversità europea, per esempio quello drastico (circa il 75%) della popolazione di pesci migratori d’acqua dolce del continente, osservato dal 1970. Per questi e altri motivi, la coalizione Dam Removal Europe (DRE) pubblica ogni anno un rapporto aggiornato sullo stato di avanzamento di questi processi, per valutare i progressi dell’attuazione delle politiche dell’Ue e per analizzare i tanti impatti positivi della rimozione delle barriere come misura di ripristino fluviale a livello europeo. Secondo l’ultimo rapporto, sull’anno 2024 (pdf), il numero di rimozioni è cresciuto dell’11% rispetto all’anno precedente, con la Finlandia in testa, che ha rimosso il maggior numero di barriere (per un totale di 138), seguita dalla Francia con 128, dalla Spagna con 96, dalla Svezia 45 e dal Regno Unito con 28. Sono stati 23 i Paesi impegnati nella rimozione di sbarramenti fluviali, quattro dei quali – Bosnia-Erzegovina, Croazia, Repubblica Ceca e Turchia – lo hanno fatto per la prima volta. Tra i fiumi parzialmente ripristinati ne figura anche uno “nostro”, il Giovenco in Abruzzo, dove cinque rimozioni hanno permesso a un tratto di fiume di 11 km di scorrere liberamente per la prima volta dopo decenni. Da notare poi i bacini idrografici di Rulles e Anlier in Belgio, dove 11 canali di scolo impraticabili sono stati sostituiti da ponti per proteggere la cozza perlifera, che è in pericolo critico nell’Ue, e il Torne in Svezia e Finlandia.
Secondo il rapporto, il 90% delle barriere rimosse è costituito da canali e dighe, che hanno maggiori probabilità di essere vecchi e obsoleti. Il 65% delle barriere era alto meno di 2 metri, il che le rende più economiche e facili da rimuovere rispetto a strutture più grandi.
L’importanza della connettività fluviale è stata riconosciuta solo di recente a livello europeo, quando il 18 agosto 2024 è entrato ufficialmente in vigore il Regolamento dell’Unione Europea per il ripristino della natura, che segna una tappa significativa nell’impegno europeo per il ripristino degli ecosistemi degradati. Il regolamento stabilisce obiettivi giuridicamente vincolanti per ridare vita alla natura, combattere la perdita di biodiversità e migliorare la resilienza al clima. Una disposizione chiave del regolamento è il ripristino di almeno 25.000 km di fiumi in uno stato di “libero flusso entro il 2030”. Una corsa contro il tempo, visto che mancano meno di cinque anni. Ed entro la metà del 2026 gli Stati membri dovranno concordare un piano d’azione che illustri in maniera chiara come raggiungere gli obiettivi.
Secondo gli esperti di Dam removal Europe, come sottolineato sul rapporto, “un’analisi così completa dell’implementazione della rimozione delle barriere in Europa è indispensabile per garantire che non vengano diffuse al pubblico informazioni false e fuorvianti su questa pratica o che vengano sfatati sulla base di fatti reali e prove scientifiche, come è stato fatto di recente con le false affermazioni secondo cui la rimozione delle dighe sarebbe stata la causa dell’inondazione di Valencia, in Spagna, nell’ottobre del 2024”.