Formazione e cooperazione, l’impegno di CasaBio in Senegal

Donne progetto CasaBio in Senegal

Dall’agroecologia alla cosmesi naturale, le startup nate nel centro di formazione riducono la povertà e contribuiscono alla sicurezza alimentare: La testimonianza della coordinatrice Francesca Bove

Lontano dagli stereotipi di arida savana il Senegal, la Porta dell’Africa Occidentale, è una terra di contrasti affascinanti e vitalità che offre una diversità paesaggistica sorprendente. Dalle coste della capitale Dakar, con i mercati colorati e la storica Île de Gorée, si passa a nord verso il deserto. A sud c’è la regione della Casamance. Nel villaggio di Bagadadji, un tempo granaio verde bagnato da fiumi e dominato da foreste, si manifestano gli effetti dei cambiamenti climatici. Il Soungrougrou, affluente del fiume Casamance, vitale per l’ecosistema e l’economia locale, sta subendo un processo di salinizzazione. L’innalzamento del livello del mare e la diminuzione delle precipitazioni spingono l’acqua salata nell’entroterra, compromettendo la vita acquatica e rendendo le terre agricole non più coltivabili. «La salinizzazione distrugge i pozzi, uccide i pesci e costringe le comunità a lasciare le loro case, alimentando i flussi migratori», spiega Francesca Bove, coordinatrice del progetto CasaBio, che da oltre 12 anni lavora in Africa su programmi di sviluppo rispettosi dell’ambiente come coordinatrice del Centro di formazione in agroecologia. Si sente a casa nel villaggio di Bagadadji nella regione di Sédhiou, un angolo di mondo da cui partono idee e stimoli importanti per la crescita del territorio, sfatando il mito di terre inospitali e aprendo opportunità a conoscenza e collaborazione con una realtà da scoprire. CasaBio è quindi un osservatorio speciale per raccontare le iniziative sorte in questa terra.

Il Centro di formazione è motore di sviluppo sostenibile in un contesto di crisi. Concepito come un incubatore di startup agroecologiche, è un ecosistema dinamico che genera un cambiamento profondo. «Fornisce strumenti per costruire imprese sostenibili, dall’agricoltura biologica all’allevamento, dall’apicoltura alla trasformazione alimentare alla cosmesi naturale – continua la coordinatrice – Questo approccio olistico risponde agli obiettivi dell’Agenda 2030, in particolare all’obiettivo “Fame Zero” e alla lotta contro il cambiamento climatico».

«Per le donne, custodi ancestrali della terra e dell’alimentazione, presentiamo una via per superare il lavoro faticoso e la precarietà, competenze per avviare imprese, accedere a mercati equi. Per i giovani, un’alternativa all’emigrazione, un percorso che li trasformi in imprenditori agricoli capaci di innovare e costruire un futuro dignitoso». Una fattoria didattica funge da laboratorio per la permacultura, l’allevamento responsabile e l’acquacoltura assieme a un laboratorio di parassitologia e microbiologia. L’agroecologia è una filosofia di vita, unisce rispetto per l’ambiente e lo sviluppo», conclude Francesca Bove. Le startup nate in Senegal non solo creano occupazione e migliorano la sicurezza alimentare, ma promuovono pratiche sostenibili proteggendo la biodiversità riducendo la povertà.

Una storia protagonista del Festival della Dieta Mediterranea quest’estate in Cilento, a Pioppi, dove Francesca Bove ha raccontato la sua esperienza, tracciando la proposta di una reciproca conoscenza e collaborazione tra Senegal e Italia. Nell’incontro, promosso da Legambiente e presentato da Michele Buonomo, si è parlato di cooperazione internazionale, scoprendo in questa fetta di Cilento, un pezzetto di Africa.