
Le perdite della rete superano il 40%. I tre regionali di Legambiente hanno pubblicato un documento comune sulla crisi idrica in cui chiedono meno perdite di acqua e una riqualificazione fluviale
Un sistema interconnesso ma fragile, con perdite idriche record, governance frammentata e fiumi a rischio. È l’allarme lanciato da Legambiente Basilicata, Legambiente Molise e Legambiente Puglia durante la tappa pugliese di Goletta dei Laghi, la campagna che da vent’anni monitora la salute ecologica dei bacini lacustri italiani.
Nelle tre regioni la gestione dell’acqua resta segnata da interventi emergenziali, scarsa pianificazione preventiva e poca consapevolezza pubblica sul valore di questa risorsa. Una situazione che, avverte l’associazione, rischia di aggravarsi di fronte alla crisi climatica, tra siccità, domanda crescente e necessità di tutelare gli ecosistemi.
I dati confermano la fragilità idrica del Sud. La Puglia dipende per il 55% da invasi interregionali e per il 33% da sorgenti irpine, con solo il 12% coperto da pozzi locali. Qui l’agricoltura assorbe oltre due terzi dell’acqua disponibile, le perdite di rete superano il 40% e il riuso delle acque reflue è limitato a soli 7 depuratori su 182. La Basilicata, che detiene un quarto delle risorse idriche dell’intero Sud e trasferisce ogni anno 300 milioni di metri cubi d’acqua verso la Puglia, soffre perdite di rete al 60%, inquinamento da agricoltura intensiva e intrusione salina nelle coste. Il Molise, pur disponendo di invasi come Occhito, Liscione e Chiauci, registra perdite idriche superiori al 50% (con picchi del 66% a Campobasso) e segnali crescenti di stress idrico, aggravati dalla ridotta piovosità invernale.
Durante l’iniziativa i tre regionali di Legambiente hanno pubblicato un documento comune in cui, oltre a inquadrare l’insostenibile situazione idrica nel Mezzogiorno, trovano spazio le priorità e le richieste che l’associazione ambientalista ha indirizzato alle amministrazioni regionali.
Le 7 priorità per una gestione integrata, ecosistemica e solidale dell’acqua tra le tre regioni
1) Una governance integrata interregionale per superare la frammentazione decisionale con un piano di gestione congiunto tra le Regioni, aggiornando gli Accordi di Programma e garantendo deflussi ecologici minimi dei fiumi coinvolti; 2) Riduzione delle perdite di rete, portando la dispersione sotto il 25%, con interventi urgenti su reti e contatori intelligenti; 3) Riqualificazione fluviale ed ecosistemica, restituendo spazio ai fiumi, rinaturalizzando sponde e alvei, rimuovendo sbarramenti obsoleti, ripristinando la connettività ecologica monte-valle; 4) Transizione agroecologica e agricoltura 4.0, incentivando colture meno idroesigenti, l’agricoltura digitale, il recupero di sostanza organica nei suoli e riduzione degli input chimici, l’aumento della ritenzione idrica naturali e scegliendo un’irrigazione di precisione; 5) Riuso acque reflue e ricarica controllata delle falde per contrastare subsidenza e intrusione salina, riducendo il fabbisogno di nuovi invasi. 6) No a nuove dighe o dissalatori come soluzione strutturale, prediligendo risparmio, efficienza, recupero e rinaturazione come strategie primarie; 7) Educazione, partecipazione e contratti di fiume: coinvolgere cittadini e agricoltori in piani di risparmio idrico, recupero delle acque meteoriche e azioni di de-impermeabilizzazione urbana.
«È urgente rafforzare una governance unitaria delle risorse idriche nel Mezzogiorno, a partire dal potenziamento del ruolo dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale – dichiarano Daniela Salzedo, presidente Legambiente Puglia, Antonio Lanorte, presidente Legambiente Basilicata e Andrea De Marco, presidente Legambiente Molise – L’istituzione di Acque del Sud S.p.A., subentrata nel 2024 all’EIPLI nella gestione delle grandi infrastrutture idriche in Puglia, Basilicata e Campania, rappresenta un passaggio rilevante ma ancora incerto. La quota minoritaria attribuita alle Regioni rispetto ai soggetti privati solleva però dubbi sul loro ruolo nella tutela dell’acqua come bene comune. Essenziale che le Regioni definiscano accordi vincolanti con la nuova società per garantire una gestione sostenibile, resiliente ed equa, in grado di integrare sicurezza idrica, tutela ambientale e sviluppo economico».
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