Granchio blu, ambientalisti e ricercatori: “No allo strascico sottocosta”

Il governo italiano ha chiesto all’Ue una deroga per reintrodurre la tecnica entro le 3 miglia nei compartimenti costieri di Venezia e Ravenna. Contrari Wwf, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Medreact e la Comunità scientifica del Nord-Adriatico: “Conseguenze devastanti per l’ecosistema, con ricadute anche sulla pesca artigianale”

Pesca a strascico “sperimentale” entro le 3 miglia nei compartimenti costieri di Venezia e Ravenna per rispondere all’emergenza granchio blu. È la deroga richiesta dal governo italiano all’Unione Europea e che trova contrarie le associazioni Wwf, Greenpeace, Legambiente, Marevivo e Medreact.

La storia del granchio blu

Specie originaria delle coste occidentali dell’oceano Atlantico, da quella americana fino all’argentina e lungo l’intera costa del Golfo del Messico, il granchio blu (Callinectes sapidus) è stato introdotto in Europa, presumibilmente tramite le acque di zavorra delle navi, sin dagli inizi del Ventesimo secolo e si è progressivamente diffuso lungo le coste orientali dell’oceano Atlantico e del Mar Mediterraneo.

Dopo una prima segnalazione in Laguna di Venezia nel 1949, questa specie si è diffusa lungo le coste italiane già dagli inizi degli anni duemila, manifestando in questi ultimi anni un aumento esponenziale delle popolazioni, principalmente negli estuari e lungo le coste dell’Adriatico nord-occidentale.

Ciò sta causando crescenti problemi socioeconomici al settore della pesca, a causa della predazione del granchio blu sui molluschi bivalvi, derivanti dalle attività di acquacoltura estensiva negli estuari e nelle lagune delle zone. Allo stesso tempo questa specie rappresenta una potenziale minaccia per gli ecosistemi marini delle aree interessate, già duramente impoveriti e danneggiati dalle attività umane e dal cambiamento climatico.

Il divieto alla pesca a strascico nell’Ue

A causa del suo forte impatto nelle zone costiere, questa tecnica di pesca entro le 3 miglia è stata vietata dall’Ue nel 2006 in tutte le acque dei Paesi membri. Eliminare questo divieto non può essere giustificato in alcun modo non solo secondo le associazioni ma anche per la Comunità scientifica del Nord-Adriatico, che ha firmato una lettera congiunta inviata alla Commissione Europea.

La pesca a strascico entro le 3 miglia provocherebbe impatti enormi sull’ecosistema del tratto di mare interessato, tra cui la cattura di novellame di specie ad alto valore commerciale, con conseguenze negative a medio e lungo termine per tutto il settore. Potrebbero inoltre venire innescati conflitti con la pesca artigianale, che opera nelle stesse zone.

I possibili interventi alternativi

L’emergenza granchio blu è già stata affrontata in altri paesi del Mediterraneo come Tunisia, Spagna, Grecia e anche in Italia – nel caso della laguna di Lesina – senza ricorrere allo strascico bensì adattandosi alla pesca con nasse, strumenti efficaci e altamente selettivi, e aprendo con successo nuove filiere e linee di commercializzazione.

Per tutte queste ragioni, per le associazioni è fondamentale che il governo italiano eviti di compiere errori gestionali, come l’utilizzo di questi sistemi non selettivi, imparando a valorizzare questa nuova risorsa ittica che può fornire una fonte di guadagno alternativa ai pescatori e agli operatori di tutta la filiera, trasformando così quest’emergenza in opportunità.