“Si torce il pin rachitico / sulle ferrigne creste”, recitano i versi del poeta Camillo Sbarbaro. Letti oggi, suonano quasi come una profezia di ciò che sta accadendo a molti pini d’Italia. C’è infatti un nemico mortale che li affligge dal 2018: la cocciniglia (Toumeyella parvicornis), insetto parassita, si aggira come uno spettro per il bel Paese. L’invasione è iniziata in Campania, poi la diffusione a macchia d’olio. A inizio luglio, nel quartiere Parioli di Roma, 50 associazioni si sono mobilitate per curare le pinete. Non ci dovrebbe pensare il Comune? In teoria sì. In pratica però, le azioni della politica locale si limitano spesso al taglio, con riduzione della chioma, che ha come risultato un indebolimento della pianta. Una soluzione alternativa ci sarebbe, cioè iniettare nelle piante malate un insetticida. Un rimedio che tiene a bada la cocciniglia ma non è ancora in grado di debellarla.
Chiome da panorama
Oltre a essere fornitori di ossigeno e a far parte del nostro ecosistema, questi alberi si ritrovano nel nostro quotidiano, soprattutto in estate, al mare come in montagna. “Lungo la strada di sabbia”, citando un’espressione pasoliniana, di pini se ne trovano parecchi. In genere è un incontro gradito, che ci consente di sostare al fresco dopo ore trascorse sotto il sole cocente.
Allora, conosciamoli meglio. Il Pinus – appartenente alla famiglia delle Pinacee – si trova soprattutto nell’emisfero boreale. Nel mondo esistono più di cento specie: in Italia ce ne sono dieci e si trovano in zone costiere o nelle Alpi. Sembrerà strano, ma molte delle pinete disseminate lungo lo stivale sono di origine antropica, impiantate dall’uomo.
Quello che allevia le nostre giornate estive è – come indica il nome – il pino marittimo (Pinus pinaster), che si trova nei pendii costieri scoscesi ed è ricco di resina. È caratterizzato da una chioma bella e definita che ricorda un ombrello, e da una corteccia spessa dalle profonde increspature. Produce pigne al cui interno si trovano i semi, meglio noti come pinoli. Oltre a essere refrigerante, funge anche da frangivento, una delle ragioni principali per cui è assurto a re delle coste. Ma il pino marittimo è anche luogo d’amore. È infatti tra i suoi rami, e in mezzo alle sue pigne, che il maschio della cicala emette il suo canto d’amore, a volte stridulo e monotono, al fine di attrarre la femmina.
Quello in cui ci si imbatte nelle escursioni nelle Alpi o nell’Appennino settentrionale è invece il pino silvestre (Pinus sylvestris), comune in tutta Europa e in Asia. Come quello marittimo, può raggiungere un’altezza di 30 metri. Il pino silvestre è una pianta solitaria, che cresce spesso ai margini del bosco o in luoghi aridi. Siccome lascia cadere sul prato un gran numero di pigne che ostacolano la falciatura, sono pure malvisti dai montanari. Lungi dall’essere slanciato come il pino dei litorali, ha una forma tormentata e la chioma rada, in quanto sorge in terreni impervi, poveri o di pascolo.
Ed è ancora il pino, con le sue radici ben salde nel terreno, tenace a resistere alle intemperie del vento, che diviene metafora di un carattere forte, che va avanti nonostante le avversità della vita. È proprio questo il significato racchiuso da Camillo Sbarbaro nella sua “Il pino”.