
La Relatrice speciale Onu per i territori palestinesi occupati accolta in Irpinia da centinaia di persone, rilancia l’appello a rompere il silenzio sulle complicità globali
“Quando vedo certe cose mi sale la febbre. Ho vissuto la fame, so cosa significa”. Sono a Gesualdo (Av), in fila per incontrare Francesca Albanese dopo l’evento aperto alla cittadinanza, quando Mario (nome di fantasia) un uomo sulla sessantina, mi mostra un video sul cellulare. Le immagini ritraggono alcuni bambini della Striscia di Gaza mentre stringono tra le manine ossute una ciotola di riso, uno dei tanti filmati che circolano sui social, e che da ormai due anni ci mostrano l’orrore in presa diretta, ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette: “Guarda come la stringono…come se fosse chissà che cosa quella schifezza” commenta Mario. Come lui, molti altri hanno percorso chilometri per ascoltare la Relatrice Speciale dell’ONU per i territori palestinesi occupati, e per far sentire la propria presenza. Del resto, è la stessa Albanese a ripeterlo in ogni incontro: “Siete dietro di me, seguendomi e conducendo la stessa battaglia, o vi state nascondendo?” E puntualmente, dal pubblico si alzano le voci: “Ci siamo, Francesca. Ci siamo!”. Il 25, 26, 27 luglio Francesca Albanese è stata in Irpinia per un tour di presentazione del suo libro “Quando il mondo dorme” (Rizzoli, 2025). Ha incontrato centinaia di persone nel capoluogo avellinese, a Gesualdo dove ha ricevuto anche la cittadinanza onoraria e Ariano Irpino, sua terra natale. Un tutto esaurito con la gente venuta anche da fuori regione per ascoltarla.
La sensazione dal suo ultimo rapporto Dall’economia di occupazione all’economia di genocidio è che si siano levate più voci nella società civile. Ma non bisogna commettere l’errore di credere che la propria bolla sia una parte identificativa della realtà. C’è ancora troppa indifferenza, ancora troppa disinformazione, ancora troppo immobilismo. Nel documento pubblicato lo scorso giugno – Albanese denuncia il coinvolgimento di circa mille entità occidentali nell’occupazione israeliana dei territori palestinesi e nel genocidio a Gaza. Ci sono aziende che producono armamenti, aziende che offrono beni e servizi, c’è il settore del trasporto e del turismo, ma anche università, enti finanziari, banche, fondi pensione, organizzazioni non governative, associazioni religiose o non. Tra queste l’italiana Leonardo S.p.A, ma anche Eni, Volvo, IBM, Microsoft, Google, Amazon, Airbnb etc… Si accusa il fornimento di armi, di strumenti di sorveglianza e intelligenza artificiale per bombardare e controllare la popolazione. Il rapporto chiede disinvestimenti, sanzioni e la fine della complicità da parte degli attori economici internazionali.
“Il sapere è un’arma fondamentale, perché la conoscenza rappresenta la migliore difesa contro la manipolazione, lo sfruttamento e l’inganno; e l’azione dovrebbe seguirla”
Tale documento le è costato l’imposizione di sanzioni da parte degli Stati Uniti. “Sono la prima e spero l’unica funzionaria delle Nazioni Unite a essere stata raggiunta da sanzioni economiche – ha dichiarato durante l’incontro ad Avellino – L’obiettivo è fare tabula rasa intorno a me. Ma io continuo a fare ciò che faccio, non si soggiace alle logiche mafiose, si risponde, tutti insieme”. Oltre alle sanzioni, Francesca Albanese è stata più volte accusata di terrorismo e antisemitismo: “Sono due strumenti che vengono utilizzati per colpire al cuore la libertà di espressione e di azione – ha spiegato – Gaza è stata rasa al suolo, non esiste più. Gaza è la scena di un crimine. Il genocidio è un crimine sostenuto dall’intendo di distruggere un gruppo in quanto tale”.
Nel suo libro Albanese, attraverso le voci di dieci persone, ricostruisce la storia della Palestina dal 1948, quando venne creato lo Stato di Israele: “Quella terra era già abitata da oltre un milione di persone – racconta – 750mila delle quali furono cacciate. Questa è la Nakba e vive nel trauma dei palestinesi”. Nel 1967 Israele ha occupato ciò che rimane della Palestina storica: Gaza, la Cisgiordania, Gerusalemme Est privando la popolazione di diritti fondamentali quali l’autodeterminazione, la vita, la sicurezza, la dignità, lo sviluppo. Ha continuato a farlo nel silenzio complice del mondo. Nel 2024 la Corte internazionale di giustizia ha stabilito che quell’occupazione è illegale e va interrotta, senza condizioni. Francesca Albanese invita alla responsabilità collettiva: “Non ci possiamo fermare, se lavoriamo tutti insieme, questo genocidio lo fermiamo utilizzando il diritto e i diritti, e smettendo di sostenere l’industria che sta approfittando dell’occupazione”.
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