
Fino al suo ultimo messaggio Urbi et orbi, il Papa ha invitato tutti a custodire la nostra casa comune. Il testamento ambientalista della Laudato si’
Papa Francesco e la “Casa comune”, parole e gesti, denunce, appelli ed esempi concreti. Il “Papa ambientalista” è stato definito. No, molto di più e molto più profondo. C’è un’immagine che racchiude tutto questo, un’immagine che è già un pezzo di storia.
Quell’uomo vestito di bianco che cammina da solo, sotto una pioggia leggera, in una piazza San Pietro drammaticamente vuota di persone ma piena di messaggi. È il 27 marzo 2020, nel pieno della pandemia Covid, e le parole di Papa Francesco sono un atto di accusa che richiama tutti. “Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”. Invece, insiste, “ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.
Una barca che rischia di affondare, come Francesco denuncia fin dai primi mesi del Pontificato. Sempre con parole chiare, dure. Anche nei momenti più ufficiali, come davanti all’Assemblea generale della Fao nel 2014. “Dobbiamo custodire il Pianeta. Ricordo una frase che ho sentito da un anziano, molti anni fa: ‘Dio perdona sempre, le offese, gli abusi; Dio sempre perdona. Gli uomini perdonano a volte. La Terra non perdona mai!’ Dobbiamo custodire la sorella Terra, la madre Terra, affinché non risponda con la distruzione”. La Terra soffre, grida, ma “il grido della Terra è il grido dei poveri”, come spiegherà nell’Enciclica Laudato si’ dell’anno successivo.
Con esempi concreti, come per l’inquinamento atmosferico. “L’esposizione agli inquinanti atmosferici produce un ampio spettro di effetti sulla salute, in particolare dei più poveri, e provocano milioni di morti premature”. Indicando precise responsabilità. In primo luogo “la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta, che conduce a “spremerlo” fino al limite e oltre il limite”. Ma anche “la tecnologia che, legata alla finanza, pretende di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri”. E ci ricorda che “un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio”.
Per questo Francesco chiede una “conversione ecologica”. Parole che ci ricordano quelle di Alex Langer, uno dei più lucidi e profetici esponenti del movimento verde in Italia, uomo di sinistra e di profonda fede, morto per sua tragica scelta nel 1995 e che il Papa ha sicuramente letto. “Per conversione ecologica – scriveva Langer nel 1989 – intendo la svolta oggi quanto mai necessaria e urgente che occorre per prevenire il suicidio dell’umanità e per assicurare l’ulteriore abitabilità del nostro pianeta e la convivenza tra i suoi essere viventi”. “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?”, è la forte domanda di papa Francesco 26 anni dopo. Per questo, così come Langer, Francesco parla di ecologia integrale, che “è un invito a una visione integrale della vita, a partire dalla convinzione che tutto nel mondo è connesso e che, come ci ha ricordato la pandemia, siamo interdipendenti gli uni dagli altri, e anche dipendenti dalla nostra madre terra”. E, in particolare, la vita dei più deboli.
Ecco il motivo della sua principale attenzione ai più fragili, agli scartati, a quelli che il sistema economico, lo stesso che distrugge la Terra, considera inutili. Lo ha fatto fino alle ultime ore della sua vita. Incontrando i detenuti del carcere romano di Regina Coeli il Giovedì Santo. “Ogni volta che entro in un posto come questo mi domando: perché loro e non io?”. Poi nella Via Crucis del Venerdì Santo. “Disumana è l’economia in cui novantanove vale più di uno. Eppure, abbiamo costruito un mondo che funziona così: un mondo di calcoli e algoritmi, di logiche fredde e interessi implacabili”. Con la citazione della sua Enciclica.
“Laudato si’, mi’ Signore, cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella […]. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo”. Infine, l’ultima denuncia nel messaggio Urbi et orbi della Domenica di Pasqua. “Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti!”. Cui segue l’appello “a tutti quanti nel mondo hanno responsabilità politiche a non cedere alla logica della paura che chiude, ma a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le “armi” della pace: quelle che costruiscono il futuro, invece di seminare morte!”. Ancora una volta l’uomo e la Terra, Madre e Sorella, uniti in un unico destino di essere davvero “Casa comune”.
“Dobbiamo custodire la sorella Terra, la madre Terra, affinché non risponda con la distruzione”
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