Nel panorama del cinema horror contemporaneo, pochi nomi riescono a combinare successo commerciale e visione autoriale con la stessa efficacia di Osgood Perkins. Figlio del leggendario Anthony Perkins, protagonista di Psycho, il regista ha costruito negli ultimi anni una filmografia che parla la lingua della paura psicologica, del disagio esistenziale e dell’angoscia che si annida nei rapporti familiari. Dopo il clamoroso trionfo di Longlegs, che ha incassato 128 milioni di dollari in tutto il mondo partendo da un budget di soli 10 milioni, e il successo più recente di The Monkey, Perkins si prepara a tornare nelle sale con Keeper, un progetto che già dalle prime anticipazioni promette di ridefinire i confini dell’horror contemporaneo.
Keeper arriverà nei cinema il 14 novembre, distribuito ancora una volta da Neon, la casa di produzione indipendente che ha creduto in Perkins fin dall’inizio e che ha trasformato Longlegs nel suo maggiore successo commerciale di sempre sul mercato domestico. Per quanto riguarda la data di uscita italiana ancora non si sa nulla e potrebbe slittare al 2026. Il film segna la terza collaborazione consecutiva tra il regista e il distributore, confermando un rapporto di fiducia reciproca che raramente si vede nell’industria cinematografica odierna. E se le aspettative sono altissime, non è solo per i precedenti successi: le prime reazioni da parte di figure leggendarie del genere come Guillermo del Toro, James Wan e Damien Leone (quest’ultimo creatore della saga Terrifier) hanno già elevato Keeper a evento cinematografico dell’anno per gli appassionati di horror.

Ma cosa rende questo nuovo progetto così speciale? E perché si parla già di un film capace di superare l’intensità di Longlegs, pellicola che solo pochi mesi fa aveva ridefinito gli standard del terrore contemporaneo? La risposta sta nella combinazione tra una premessa ingannevolmente semplice e l’approccio registico sempre più raffinato di Perkins, che negli anni ha dimostrato di saper trasformare situazioni quotidiane in incubi sensoriali.
La trama di Keeper ruota attorno a Liz e Malcolm, una coppia interpretata rispettivamente da Tatiana Maslany (vincitrice di un Emmy per Orphan Black) e Rossif Sutherland. I due si recano in una baita isolata per celebrare il loro anniversario, un weekend romantico che dovrebbe rinsaldare il loro legame. Ma quando Malcolm è costretto a tornare inaspettatamente in città per motivi di lavoro, Liz rimane sola nella struttura. Ed è in quel momento di solitudine che qualcosa inizia a manifestarsi: un’entità malevola che sembra conoscere i segreti più oscuri della baita e, forse, della stessa Liz.

Secondo le prime descrizioni della critica di settore, Keeper si muove in territorio surrealista, privilegiando atmosfere oniriche e disturbanti rispetto alla narrazione lineare tradizionale. Se Longlegs era un ibrido tra il thriller investigativo e l’horror occulto, con riferimenti espliciti al satanismo e alla serialità criminale, Keeper sembra voler andare ancora più a fondo nell’esplorazione del trauma personale, della memoria e dei segreti familiari sepolti. Non si tratta più solo di un male esterno che minaccia i protagonisti, ma di qualcosa che emerge dall’interno, dalle fondamenta stesse della loro storia.
Keeper si inserisce quindi in un momento particolare della carriera di Perkins, quello in cui un autore consolida la propria identità senza ripetersi. Dopo aver dimostrato di saper dominare il thriller occulto con Longlegs e l’horror meta-testuale con The Monkey, il regista torna a un’intimità claustrofobica che ricorda i suoi esordi, ma con una maturità tecnica e narrativa nuova. Non è un ritorno alle origini, ma una sintesi evolutiva: tutto ciò che ha imparato, tutto ciò che ha sperimentato, viene ora distillato in una forma più pura e, paradossalmente, più devastante.
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