In scena “La veggente”, alle radici della violenza

La veggente- Milo Rau

Milo Rau ritorna alla Biennale Teatro di Venezia con La veggente, un nuovo capitolo del suo teatro antropologico che d indaga le forme della violenza attraverso la figura di Cassandra

Milo Rau ritorna alla Biennale Teatro di Venezia con un nuovo capitolo del suo teatro antropologico che da tempo indaga le forme della violenza attraverso un “re-enactment” (ricostruzione) del mito greco. L’anno scorso, il regista, giornalista e teorico svizzero aveva turbato la platea con il suo Medea’s Children, dove la tragedia di Medea veniva raccontata e agita dai bambini: in scena c’erano sei piccoli attori tra i nove e i quindici anni, chiamati, sotto la vigile guida del loto tutor (Peter Seynaeve) a rivivere la tragedia dell’infanticidio, entrando e uscendo dalla trama euripidea, riscritta a partire da uno spaventoso fatto di cronaca accaduto in Belgio nel 2007 (Geneviève Lhermitte uccise, uno a uno, con un coltello, i suoi cinque figli). Per noi che oggi ne scriviamo, Medea’s Children è stato sicuramente lo spettacolo straniero più potente e coraggioso del 2024. C’è quindi molta attesa per La veggente (Die Seherin, 12 e 13 giugno, Teatro alle Tese di Venezia), il nuovo lavoro di Milo Rau che si concentra, stavolta, sulla figura di Cassandra, interpretata da Ursina Lardi, a cui andrà il Leone d’Argento di questa Biennale Teatro 2025 diretta da Willem Dafoe. Perché la violenza è così seducente? Cosa rimane quando la guerra e il terrore distruggono il mondo così come l’abbiamo conosciuto? L’arte può alleviare la sofferenza? Sono le domande da cui è partito Milo Rau per comporre La veggente, storia di una fotografa di guerra che, mentre testimonia ostinatamente le atrocità del mondo, finirà con il subire anche lei violenza. Tra le fonti dello spettacolo, che lega il destino di Cassandra a quello di Filottete (l’eroe sofocleo che, a causa di una ferita, perde tutto fino a essere bandito dalla sua stessa città), i racconti di fotografi di guerra e di cittadini iracheni, allacciati alle stesse vicende biografiche di Milo Rau, per esempio l’incontro a Mosul con Hassan Azad, un insegnante a cui l’Isis, come segno di dominio, ha tagliato una mano.