Justin Baldoni: il regista accusato di molestie fa causa al New York Times

In un drammatico colpo di scena, il regista e attore Justin Baldoni ha intentato una causa da 250 milioni di dollari contro il New York Times, accusando il giornale di diffamazione e invasione della privacy. La causa, presentata presso la Corte Suprema di Los Angeles, è una risposta a un articolo del 21 dicembre che accusa Baldoni di ripetuti episodi di molestie sessuali contro l’attrice Blake Lively durante la produzione di It End With Us. Il pezzo, scritto da Megan Twohey, Mike Mclntire e Julie Tate, ha scosso Hollywood, portando alla rescissione del contratto di Baldoni con la sua agenzia, WME, poche ore dopo la sua pubblicazione.

Secondo quanto riportato da Variety, la causa, che si estende per circa 87 pagine, accusa il New York Times di aver utilizzato comunicazioni e informazioni alterate e fuori contesto per fuorviare i lettori. Baldoni è affiancato da altri nove querelanti, tra cui le pubbliciste Melissa Nathan e Jennifer Abel, e i produttori di It Ends With Us, Jamey Heath e Steve Sarowitz. Essi sostengono che l’articolo del Times si basi su una narrazione di parte fornita da Lively, ripresa da una lettera di 80 pagine che l’attrice ha presentato il 20 dicembre al California Civil Rights Department. La denuncia di Baldoni offre una visione degli eventi molto diversa, in quanto afferma che l’attrice abbia intrapreso una campagna diffamatoria e manipolativa contro di lui, utilizzando false accuse di molestie sessuali per ottenere il controllo sulla produzione.

Justin Baldoni e Blake Lively in una scena del film It Ends With Us
Justin Baldoni e Blake Lively in una scena del film It Ends With Us, fonte: Eagle Pictures

La causa riporta anche un incidente in cui il marito di Lively, l’attore Ryan Reynolds, avrebbe rimproverato Baldoni durante un acceso incontro nel loro attico a Tribeca, accusandolo di body shaming nei confronti della moglie. Di contro, il New York Times ha difeso il proprio reportage, affermando che l’articolo sia veritiero e che la vicenda sia stata riportata in maniera meticolosa, in quanto basata su migliaia di pagine di documenti originali, inclusi messaggi ed e-mail. Un portavoce del Times ha sottolineato che il giornale abbia riportato anche la dichiarazione completa di Baldoni e dei suoi rappresentati, in riposta alle accuse. La denuncia affronta anche specifiche accuse mosse da Lively, tra cui un incidente in cui Heath avrebbe mostrato all’attrice un video della moglie nuda, che la denuncia del CRD ha etichettato come pornografia.

La causa controbatte dichiarando che il video sia una registrazione non pornografica della moglie di Heath durante un parto in casa e che sia stato mostrato come parte di una discussione creativa per una scena di parto nel film. La denuncia sostiene che questo sia stato distorto per diffamare Baldoni e Heath. Per quanto riguarda l’incontro tra Baldoni e Reynolds, uno dei produttori del film presente avrebbe dichiarato di non aver mai visto nessuno, durante i suoi quarant’anni di carriera, parlare a qualcuno in quel modo, durante una riunione. Il rappresentante della Sony, invece, ha menzionato il fatto che spesso ripensasse a quell’incontro e che il suo unico rimpianto fosse di non aver fermato l’aggressione verbale di Reynolds nei confronti di Baldoni.

Ryan Reynolds e Justin Baldoni
Ryan Reynolds e Justin Baldoni, fonte: Tristan Fewings/Getty Images ; Paul Archuleta/FilmMagic

In agosto, quando la copertura mediatica di una misteriosa faida tra Lively e Baldoni ha iniziato a diffondersi sui social media e nella stampa, Variety ha chiesto a Sony se fossero state presentate denunce all’HR contro Baldoni durante la produzione e la risposta è stata “no“. La carriera di Baldoni è stata segnata dal suo lavoro come attore e regista, con progetti notevoli come Jane the Virgin e Five Feet Apart. La sua reputazione è stata, tuttavia, gravemente danneggiata dalla accuse ricevute. La causa mira a riabilitare il suo nome e a ritenere il New York Times responsabile di quella che il regista e i suoi co-querelanti descrivono come una campagna diffamatoria deliberata.

Nonostante tutto, il film è diventato un successo al botteghino, guadagnando circa 351 milioni di dollari in tutto il mondo, a fronte di un budget di 25 milioni. La prospettiva di un sequel è diventata sempre più improbabile, in virtù delle tensioni tra i due protagonisti. Il dramma sembrava, però, essersi placato fino a fine dicembre, quando il Times ha pubblicato l’articolo. La battaglia legale tra Justin Baldoni ed il New York Times si preannuncia come un caso di alto profilo, con entrambe le parti pronte a presentare le loro prove in tribunale.

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