La storia del ristoratore senegalese vessato dai controlli a Palermo: “Ho sempre rispettato le regole”

Un mese fa si è visto sequestrare il locale dalla polizia municipale, prima che il tribunale del Riesame lo dissequestrasse per l’insussistenza delle accuse, che avevano portato alla denuncia del ristoratore. Questo è quanto accaduto a Doudou Diouf, fondatore del ristorante Ciwara, nel mercato palermitano della Vucciria. L’imprenditore, che è anche cantante e ballerino, è arrivato nel 2008 in Sicilia dal Senegal con un regolare visto e con l’idea di far conoscere l’Africa, le sue tradizioni, la cucina. Insieme alla moglie italiana, anche lei cantante, ha dato vita al suo locale.

“L’idea – spiega Doudou Diouf – era di realizzare un locale in via Libertà o in via Notarbartolo. Ma non è stato possibile”. Vuoi per la diffidenza dei proprietari degli immobili, vuoi per i costi elevati, il sogno di Diouf si è concretizzato alla Vucciria, in piazza Caracciolo, nel 2018. “Non è stato semplice convincere il proprietario dei locali a concedermeli in affitto – aggiunge -. Ma una volta che mi ha conosciuto tutto è stato più semplice”. Doudou Diouf nel suo paese ha prestato il servizio militare per tre anni che l’ha ducato al rispetto della legge. “Ho sempre rispettato tutte le ordinanze emesse del Comune – aggiunge – nonostante questo ho subito in questi anni una ventina di controlli e alcuni verbali che non ho contestato. Ma quanto è successo il 6 giugno scorso non lo accetto”.

Durante un controllo della polizia municipale arrivata con le bodycam gli è stato contestato di aver trasformato il locale in un’affollata discoteca, per quanto l’esercizio sia autorizzato a diffondere la musica. Diouf ha portato le prove al tribunale del Riesame che ha revocato il sequestro. Per il proprietario del ristorante “resta incomprensibile perché la polizia municipale abbia fatto delle contestazioni così pesanti da determinare anche una denuncia penale. Non appena avremo le motivazioni del dissequestro valuteremo ulteriori azioni legali, non solo per il danno economico subito dal momento della chiusura, ma soprattutto perché sia chiaro a tutti che il nostro lavoro si svolge con correttezza”.

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