L’ascensore di Castelletto, a Genova, evocato da Gino Paoli: ricordi, lacrime e sogni

L’ascensore di Castelletto, a Genova, uno dei ricordi più preziosi della mia vita, è tornato con Gino Paoli, che, intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera, alla domanda:

Perché ama tanto Caproni?

risponde:

«Perché anch’io, quando mi sarò deciso

d’andarci, in paradiso ci andrò con l’ascensore

di Castelletto qui a Genova».

Dagospia ha ripreso l’intera intervista.
Paoli, oggi novantenne, vive sulle alture di Quinto ma da giovane, più di 60 anni fa, ha abitato in Castelletto, in Corso Paganini, dove sfrecciava su una Triumph TR3 nera (come quella di Mastroianni nella Vita) lasciando noi ragazzini a bocca aperta appesi al palo dell’incrocio con Corso Firenze.

Paoli ha anche sposato una ragazza di Via Accinelli, dopo un fidanzamento dí lunghi intensi baci sulle panchine dei giardini di Corso Carbonara e proprio nell’ascensore che da più di un secolo porta i genovesi dal piano basso della città alla collina retrostante la vecchia fortezza.

Il castello, costruito sulla punta dell’antica collina di Montalbano che domina Genova, servì nei secoli per tenere in scacco i genovesi. Dopo il bombardamento spietato fatto dai piemontesi nel 1849 i genovesi inferociti lo demolirono a furor di popolo, come ricorda una lapide. Sul luogo furono costruiti otto palazzi con in mezzo una piazzetta dedicata alla Madonna.

La Madonna salvo Castelletto

L’ascensore di Castelletto, a Genova, evocato da Gino Paoli: ricordi, lacrime e sogni
L’ascensore di Castelletto, a Genova, evocato da Gino Paoli: ricordi, lacrime e sogni – Blitzquotidiano.it (foto di Sergio Gandus)

La stessa Madonna, durante uno dei tanti bombardamenti che massacrarono Genova durante l’ultima guerra (io nacqui mentre era in corso l’ultimo, il prete aveva paura e mio padre, comunista ma credente, lo costrinse a battezzarmi dicendo che nella casa di Dio non si deve temere) salvo Castelletto facendo finire una mega bomba inglese nella cisterna sotto la piazzetta. Così per anni nell’ultima domenica di luglio processioni, Messe e bancarelle, almeno fino agli anni Settanta.

L’ascensore di Castelletto è stato immortalato da Giorgio Caproni, in questi versi:

Quando andrò in paradiso

non voglio che una campana

lunga sappia di tegola

all’alba – d’acqua piovana.

Quando mi sarò deciso

d’andarci, in paradiso

ci andrò con l’ascensore

di Castelletto, nelle ore notturne,

rubando un poco

di tempo al mio riposo.

C’è anche una serie di incisioni di Emanuele Luzzati, reliquie sacre per un genovese della diaspora come me o Giulio Anselmi.

Nella mia personale memoria, c’è la targa in ottone in alto nella cabina con 28 posti in piedi di capienza: la persona civile non sputa in terra e non bestemmia c’era scritto.

La nonna di Gughi

E c’è il ricordo della mia domanda a mia madre: “Ho compiuto 7 anni, quindi ho l’età della ragione”, chissà perché proprio in quel momento in quell’ascensore.

E c’è il ricordo più doloroso della nonna del mio amico di tutta una vita, Gughi Valobra, della cui morte ancora non riesco a farmi una ragione, se non pensando che in quell’ospedale genovese c’è morto Gughi, ricco, come ci sono morti mia mamma e mio papà, poveri.

La nonna di Gughi tutte le sere sedeva sulla panchina davanti all’ascensore, da dove uscivano, una trentina alla volta, i borghesi dagli uffici e dai negozi del centro, insieme con giudici e avvocati, a respirare l’aria buona.

Da lì uscivano i Valobra, dopo una giornata nell’ufficio del saponificio nel grattacielo. Ancora arrivavano Roberto, padre di Gughi, e Virgilio ma non Guglielmo, scomparso in un lager con moglie e figli. Loro non sarebbero più tornati ma lei non si arrese mai e li aspettava invano tutte le sere. Forse erano volati in paradiso passando, senza farsi vedere, per l’ascensore di Castelletto.

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