
Sono i risultati della 20esima edizione italiana dell’Indice globale della fame 2025, curato da Cesvi. Nell’ultimo anno guerre e conflitti armati hanno innescato 20 crisi alimentari e gettato in condizioni di fame acuta 140 milioni di persone. La Somalia ha il punteggio più grave
Sono oltre 295 milioni di persone colpite da fame acuta e 42 Paesi che fronteggiano livelli di fame grave (35) e allarmante (7). È quanto emerge dalla 20esima edizione italiana dell’Indice Globale della Fame 2025 (Global Hunger Index – GHI), tra i principali rapporti internazionali, curato da Cesvi per l’edizione italiana e redatto dalle organizzazioni Welthungerhilfe (Whh), Concern Worldwide e Institute for International Law of peace and armed conflict (Ifhv).
Secondo il Cesvi, nell’ultimo anno guerre e conflitti armati hanno innescato 20 crisi alimentari e gettato in condizioni di fame acuta 140 milioni di persone, un numero equivalente a oltre il doppio dell’intera popolazione italiana. In diversi contesti, la fame non è stata soltanto una conseguenza “collaterale” della violenza armata, ma è stata deliberatamente inflitta attraverso assedi, blocchi degli aiuti e distruzione delle infrastrutture agricole, ovvero utilizzata come una vera e propria arma di guerra. Gaza è l’esempio più emblematico, dove attualmente 320mila bambini sotto i 5 anni a rischio di malnutrizione acuta e oltre 20mila persone sono rimaste uccise (2.580) o ferite (18. 930) nel tentativo di procurarsi del cibo e accedere agli aiuti.
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L’Indice classifica i Paesi lungo una scala di 100 punti, dove 0 rappresenta il miglior valore possibile (assenza di fame) e 100 il peggiore. Più alto è il valore, peggiore è lo stato nutrizionale di un Paese. Il GHI combina quattro indicatori:
Denutrizione: la percentuale di popolazione con insufficiente assunzione calorica;
Deperimento infantile: la percentuale di bambini sotto i cinque anni che hanno un peso insufficiente per la loro altezza, che è indice di sottonutrizione acuta;
Arresto della crescita infantile: la percentuale di bambini sotto i cinque anni che hanno un’altezza insufficiente per la loro età, indice di sottonutrizione cronica;
Mortalità infantile: il tasso di mortalità tra i bambini sotto i cinque anni, che riflette parzialmente la fatale combinazione di un’alimentazione insufficiente e di ambienti insalubri
Il rapporto indica che la fame ha raggiunto livelli allarmanti in 7 Paesi – Haiti, Madagascar, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sud Sudan, Burundi e Yemen – ed è classificata come grave in altri 35. In 27 Paesi si registra addirittura un peggioramento rispetto al 2016. Il punteggio più grave del rapporto 2025 è quello registrato dalla Somalia (42,6).
A livello regionale, la fame resta grave in Africa subsahariana e in Asia meridionale (con un punteggio GHI rispettivamente di 27,1 e 24,9), mentre si riscontrano lievi miglioramenti globali, legati soprattutto ai progressi in alcune aree dell’Asia meridionale, sud-orientale e dell’America Latina.
“A Gaza la ripresa – sottolinea il direttore generale di Cesvi Stefano Piziali – sarà lunga e difficile: milioni di persone vivono in condizioni catastrofiche, senza sicurezza né accesso sufficiente a beni essenziali, e le ferite materiali e psicologiche sono molto profonde. La macchina umanitaria in questo conflitto è stata stravolta ed è necessario che riprenda rapidamente a muoversi in maniera tempestiva, efficace e senza ostacoli: portare soccorso ai più vulnerabili resta una sfida, condizionata da ostacoli logistici e da un equilibrio ancora incerto. Senza un accesso continuativo e coordinato, il rischio di abbandonare la popolazione a un destino segnato rimane concreto. Qualsiasi ulteriore ritardo comporterebbe un aumento inaccettabile della mortalità legata alla carestia”.