Obiettivo Natura, La Nuova Ecologia di giugno 2025

illustrazione di Andrea Calisi per la cover di Nuova Ecologia di giugno 2025

La copertina di Nuova Ecologia di giugno: per raggiungere il 30% di territorio e di mare protetto, l’Italia deve riscoprire il coraggio che trent’anni fa portò alla nascita di cinque parchi nazionali. Poi le inchieste del mese e tanto altro

 

La lentezza con cui l’Italia si muove per tutelare la biodiversità è lo specchio di come il Paese sprechi il suo potenziale per la transizione ecologica. I tempi per l’istituzione di Parchi nazionali sono lunghi, in alcuni casi decenni, e anche quando la legge istitutiva di un’area protetta viene approvata passano dai sette agli otto anni prima che diventi operativa.

A questi ritmi, il nostro Paese non riuscirà a raggiungere il target del 30%, al 2030, di territorio e di mare protetti, previsto dalla Strategia Europea per la Biodiversità. A oggi siamo a quota 10,5%. Un divario che va colmato con determinazione, ispirandosi allo slancio che nel 1995 portò alla nascita di ben cinque Parchi nazionali: Maiella, Gran Sasso e Monti della Laga, Vesuvio, Gargano e Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. È questo l’Obiettivo Natura, scelto come titolo di copertina del numero di giugno di Nuova Ecologia.

Ed è a queste aree protette che è dedicato il servizio d’apertura della rivista, Cento di questi Parchi: per ripercorrerne la nascita ed evidenziarne il valore economico, sociale e ambientale. Nel 2025, a trent’anni dalla loro istituzione, si confermano modelli virtuosi, da replicare e moltiplicare per centrare gli obiettivi di conservazione.

Accanto ai parchi storici, trova finalmente spazio una nuova istituzione: il Parco Nazionale del Matese tra Campania e Molise. La sua nascita, arrivata dopo anni di attese e ostacoli burocratici, è raccontata nell’articolo Benvenuto Matese.

Sulle pagine del mensile di Legambiente trova poi spazio l’articolo Mezzo secolo di profezie inascoltate, a firma Toni Mira, che ripercorre l’istituzione nel 1967, dopo le alluvioni del 1966 che colpirono in particolare Firenze e Venezia, della Commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo, più nota come commissione De Marchi. I documenti elaborati allora dagli esperti costituiscono una pietra miliare nell’analisi del dissesto idrogeologico e nelle proposte di tutela del territorio. Proposte rimaste, com’è evidente, lettera morta.

L’inchiesta del mese, Fino all’ultimo seme, è dedicata invece al mercato globale delle sementi, oggi controllato da tre sole multinazionali. Una concentrazione di potere che nel mondo mette a rischio la sovranità alimentare e la biodiversità. C’è fortunatamente chi prova a resistere, anche in Italia, dove in tante aree collinari e montane, ma anche vicino alle grandi città come Roma, aziende, associazioni e cooperative “coltivano” modelli alternativi fondati sulla sostenibilità, sul recupero dei saperi contadini, sullo scambio di semi e sulla valorizzazione delle produzioni locali.

Segnaliamo infine, nella sezione dedicata alla transizione ecologica, Fare luce sul blackout in Spagna, un servizio che smonta la narrazione anti-rinnovabili andata in scena nelle scorse settimane. Al di là delle tante bufale raccontate, la verità è che l’affidabilità dei sistemi elettrici dipende dalla qualità della loro gestione più che dalla natura delle fonti energetiche.