Ovovia a Trieste, il Tar boccia il progetto. Festeggiano cittadini e associazioni

manifestazione no ovovia Trieste

Dopo quattro anni di studi, il Tar ha dichiarato illegittimi gli atti autorizzativi per la cabinovia dal Porto Vecchio al Carso, che sarebbe dovuta passare in un’area protetta. Legambiente Trieste: “Senza i ricorsi, a quest’ora i lavori sarebbero partiti”

Si festeggia, al Comitato no Ovovia di Trieste: «Dopo quattro anni di studio e analisi, le nostre ragioni sono state validate nero su bianco, con tre sentenze pubblicate il 10 settembre». Il Tar ha annullato gli atti della Regione Friuli – Venezia Giulia e del Comune, con le autorizzazioni fondamentali per la costruzione della cabinovia dal Porto Vecchio al Carso, passando per il Bosco Bovedo, un’area protetta della rete Natura 2000. Valutazione di incidenza (Vinca), Valutazione ambientale strategica (Vas) e variante al piano regolatore sono illegittimi. È tutto da rifare, per il Comune.

«I giudici si sono pronunciati in modo molto netto su alcuni punti chiave dei ricorsi, accogliendo le nostre motivazioni. In sintesi, l’assenza di interesse pubblico prevalente implica l’impossibilità di procedere in deroga ai vincoli delle aree Natura 2000», commenta Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente Trieste. Sin dall’inizio, il circolo è stato in prima linea per contrastare un’opera inutile e dannosa.

«È soprattutto grazie al sostegno della popolazione che non ci siamo mai fermati e, oggi, abbiamo raggiunto un grande risultato», continua Wehrenfennig. «Senza i ricorsi pagati dalle associazioni e dai cittadini, a quest’ora, i lavori sarebbero partiti, e il bosco sarebbe un cantiere. Le amministrazioni hanno sempre ignorato i nostri appelli, scegliendo la strada delle forzature, riconosciute come illegittime dal Tar. Ci chiediamo come sia pensabile ora, per il Comune, ripartire con l’iter. Ma non abbassiamo la guardia».

Proprio un anno fa, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha annunciato che l’opera non può essere finanziata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza – Pnrr, perché in conflitto con il principio europeo Do no significant harm. La cabinovia, cioè, arreca danno significativo all’ambiente. (Lo abbiamo raccontato qui). Persi 48 milioni di euro, la giunta di centrodestra di Roberto Dipiazza non ha fatto marcia indietro, nella certezza di poter reperire altri fondi statali. E infatti, a fine 2024, è arrivato il decreto Salvini, su cui pende un altro ricorso del Comitato No Ovovia al Tar del Lazio.

Per costruire un’infrastruttura così impattante in un’area naturale protetta, è necessario provarne i vantaggi per l’ambiente e la salute. Per il Tar, l’istruttoria della Regione circa «l’individuazione dei motivi imperativi di interesse pubblico idonei a supportare l’autorizzazione in deroga del progetto di cui trattasi, è priva di un completo e approfondito controllo sui dati forniti dal Comune», si legge nella sentenza sul ricorso proposto da Legambiente, Lipu e WWF (gli altri due ricorsi sono stati presentati da cittadini residenti).

Tra le motivazioni che, per le istituzioni, giustificano l’opera, ci sarebbe la riduzione della CO₂ per la previsione del passaggio del traffico su gomma alla funicolare, nell’accesso in città da nord. La cabinovia, infatti, viene presentata come soluzione per la mobilità sostenibile. Bora (il vento forte tipico di Trieste) permettendo. Scrivono i giudici: «il riferimento alla riduzione della CO₂ conseguente alla realizzazione dell’opera risulta generico e privo di quei caratteri di certezza e specificità richiesti dalla natura eccezionale dell’autorizzazione a incidere su una zona a protezione speciale». Il Comune ha calcolato un taglio delle emissioni dell’8%, prendendo però come riferimento solo la quota degli autoveicoli provenienti da nord, non quelli dell’area vasta. In questo secondo caso, il risparmio sarebbe molto più basso: l’1,3%.

E, ancora, sulla Valutazione ambientale strategica, il Tar evidenzia «la sostanziale inconsistenza contenutistica del “parere motivato Vas”, essendosi la giunta limitata ad avallare le valutazioni pregresse svolte dal soggetto proponente».

In attesa delle prossime mosse del Comune, resta l’amaro in bocca per l’occasione persa: Trieste avrebbe potuto investire 48 milioni di euro del Pnrr davvero per la mobilità sostenibile. Quel treno, ormai, è partito.

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