Nel disinteresse generale, la fabbrica di aerei chiave per la difesa nazionale Piaggio aerospace è stata venduta ai turchi. Dove non arrivarono Solimano il Magnifico e i suoi pirati Barbarossa e Dragut, c’è riuscito l’oro di Erdogan.
Piaggio Aero è un’azienda che al 70 per cento lavora su commesse dello Stato italiano, in particolare la Difesa, mentre il drone che è capacissima di realizzare utilizza interamente tecnologia di Leonardo, la ex Finmeccanica.
E allora, si chiede Luigi Leone dí Primo Canale, com’è possibile che una simile industria, coperta da golden power (i poteri speciali del Ministero dell’Economia) proprio per la sua strategicità, possa finire in mano straniera?
La società Baykar, azienda turca leader nello sviluppo e produzione di sistemi uav (veicoli aerei senza pilota) e tecnologie aerospaziali avanzate, ha sottoscritto un accordo preliminare per l’acquisizione dei complessi aziendali di Piaggio Aero Industries e Piaggio Aviation in amministrazione straordinaria, società operanti nel settore della progettazione, costruzione e manutenzione di velivoli e motori aeronautici per operatori privati, governativi e militari, informa Andrea Popolano dí Primo Canale.
Piaggio, una operazione controversa
L’operazione, autorizzata dal Mimit il 27 dicembre, prevede il rilancio dei complessi aziendali delle due società liguri secondo un piano industriale elaborato da Baykar. In Liguria Piaggio Aerospace ha stabilimenti a Villanova d’Albenga (Savona) e Genova Sestri Ponente dove sono impiegati circa 800 lavoratori.
L’accordo è stato firmato dall’ad di Baykar Haluk Bayraktar, e dai commissari straordinari di Piaggio Aero Industries e Piaggio Aviation Carmelo Cosentino, Vincenzo Nicastro e Gianpaolo Davide Rossetti.
La vendita ha gettato nel panico i sindacati, che hanno ottenuto per il 4 febbraio l’incontro a Roma con il ministro, informa Riccardo Porcu.
Si tratta di un tavolo per fare il punto della situazione, chiedere garanzie e certezze sulle promesse prospettive di sviluppo industriale dei circa 1200 lavoratori degli stabilimenti Piaggio Aerospace di Villanova d’Albenga e Sestri Ponente.
Una data, fortemente richiesta dalla segreteria Fiom, per verificare l’effettivo rispetto degli accordi sottoscritti al termine di manifestazioni e battaglie sindacali (culminati con l’occupazione per tre notti del sito produttivo di Sestri) e firmati il 30 giugno 2014 al Ministero dello sviluppo economico.
Al centro della richiesta di incontro, su spinta della Fiom savonese, soprattutto domande per ottenere rassicurazioni sul futuro e sul piano di ristrutturazione dell’azienda (che ha visto restare a Genova solo un service per la manutenzione e verniciatura dei velivoli).
Non ci sono solo i problemi occupazionali
Ma oltre i riflessi occupazionali i dubbi sula bontà della operazione sono diffusi e li riferisce Luigi Leone su Primo Canale.
Fra molti osservatori e opinionisti, la domanda è spontanea: se davvero Piaggio Aero è così strategica, perché non ce la teniamo tutta in mani italiane? Nessuna risposta. Intanto è arrivata la turca Baykar e si è comprata la storica industria di Sestri Ponente e Villanova d’Albenga. Non è un’acquirente qualsiasi. Risponde al presidente Recep Erdogan, non propriamente un campione della democrazia mondiale, ed è leader planetaria nella produzione di droni militari.
Ce n’è abbastanza per mettere in guardia il Paese sui pericoli che l’operazione comporta? Non sembra. Il governo, attraverso Adolfo Urso, titolare del Ministero del Made in Italy (Mimit), è su di giri: “Ora possiamo mettere in campo una strategia più forte e favorire un’alleanza con Leonardo”. L’opposizione non è da meno, in particolare il Pd.
Il refrain è che nelle mani di Baykar si mettono in sicurezza Piaggio Aero e i suoi quasi 1.000 dipendenti. Anche all’epoca del fondo arabo Mubadala, durante il “regno” dell’ex leader piddino Matteo Renzi, si diceva la stessa cosa. A quale disastro siamo andati incontro lo racconta la cronaca. Per questa ragione mi pare più consono l’atteggiamento prudente dei sindacati: Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil prima di sbilanciarsi a favore vogliono vedere quale sarà il piano industriale.
Un qualche dubbio devono tuttavia coltivarlo, rimuginando su almeno un paio di elementi. Il primo: l’indotto, cioè le decine di aziende che lavorano per Piaggio, non sembra per niente garantito. Nessuno, infatti, ha detto che non saranno portate in Turchia le produzioni attualmente fornite in Italia. Il secondo: là un ingegnere guadagna l’equivalente, malcontato, di 900 euro. Da noi la busta paga è più pesante. Non è un dettaglio secondario.
Nonostante tutto questo, e altro, Roma ha preferito una soluzione straniera. Possibile che in Italia non ci siano imprenditori che possano assumersi l’impegno? E’ vero che resta la Golden Power, cioè i poteri speciali in capo all’esecutivo che consentono di azzerare certe scelte qualora non piacciano, però è un mistero il motivo per cui Leonardo non sia mai scesa in campo.
Eppure è una controllata dello Stato. Di più. Ad essa appartiene la tecnologia utilizzata da Piaggio per il progetto P1HH, il drone non civile che poi è stato fatto naufragare non per responsabilità dell’azienda ligure. Di più ancora. Il gruppo guidato dall’ex ministro Roberto Cingolani sarà il perno su cui l’Italia, lo afferma il ministro Urso, costruirà un’alleanza più solida con la Turchia, sia sul versante dei droni militari, sia su altri settori dell’elettronica.
Il problema sarà certamente il mio, però proprio non riesco a capire: che cosa avrebbe impedito al nostro Paese di interloquire con la Turchia attraverso Leonardo se anche il gruppo fosse stato proprietario di Piaggio Aero? Inizialmente, ritenevo che Bayker avesse le idee chiarissime su che cosa acquistava, servendogli un ponte verso i mercati europei, mentre credevo che l’Italia avesse un quadro molto confuso delle sue prospettive in un settore strategico ormai per definizione. Oggi, invece, ho l’impressione che tutto sia chiaro: la Turchia serve all’Occidente e può servire anche noi. In nome della realpolitik, dunque, che Baykar compri pure Piaggio. Altrimenti bisogna ritenere che a Roma siano solo dei dilettanti allo sbaraglio.
Già il 9 dicembre Luigi Leone aveva scritto:Le offerte per la sua acquisizione, secondo indiscrezioni giornalistiche non smentite, arriverebbero da un gruppo brasiliano, da uno turco e da uno arabo. Mi chiedo che cosa c’entrino questi Paesi con l’Italia e con l’Ue (sebbene la Turchia abbia chiesto di entrarne a far parte), oltretutto proprio nel momento in cui si parla sempre più, e prima o poi si passerà ai fatti, di difesa unica europea.
Ciò che manca è una strategia di fondo, che da una parte preveda una vera politica industriale e dall’altra la rinuncia all’ipocrisia che Piaggio Aero sia “solo” un’azienda civile. Se si vuol dire la verità, va ammesso, e non c’è nulla di cui vergognarsi, che Piaggio Aero può essere e anzi è un’azienda che sa fare del militare.
Proprio per questa ragione molti hanno sempre ritenuto che il destino più ovvio sarebbe un acquisto da parte di Leonardo. Il suo amministratore delegato, Roberto Cingolani, però non ci sente. Sicuramente è un manager capace, ma, dopo aver guidato l’Iit ed essere stato anche ministro, lì ce lo ha messo la politica. Non sono affatto certo che il suo “no” valga più di quel che potrebbero dire i partiti.
Ma il punto è proprio questo. Badando all’oggi e all’immediato domani, le varie forze politiche rinunciano al loro ruolo. Eppure qui non si tratta di un impegno gravoso come riesumare l’Iri (anche se a volte bisogna rimpiangere l’epoca delle partecipazioni statali), bensì di fare semplice professione di realismo.
Dal sindacato si leva su tutte la voce di Cristian Venzano, segretario della Fim Cisl: “Una soluzione di Stato probabilmente sarebbe la più necessaria. E comunque serve un piano industriale di medio e lungo termine”. Non mi risulta che Venzano sia un pericoloso agitatore delle folle di sinistra o di destra, bensì un sindacalista che parla con puro buon senso. Però si punta altrove.
Dopo anni di commissariamento, ci sta che l’azienda sia affidata ad un investitore privato. Ma non a tutti i costi. Se questo privato non possiede le prerogative necessarie, per la sua provenienza geografica, non ci sono proprio dubbi che sia la scelta più sicura? In simili circostanze, infatti, non balla solo il futuro dell’impresa, quindi di centinaia di posti di lavoro. Ballano anche gli interessi dell’Italia.
Ecco perché alla fin fine si potrebbe chiudere l’era dei commissari portando Piaggio Aero in un alveo che ne tuteli l’italianità, con tutto ciò che ne consegue. E non ci si venga a dire che Bruxelles non vuole. È sufficiente ricordare che lo Stato di Francia sta dentro l’azionariato di tutte le imprese ritenute strategiche. Anche in Stellantis, giusto per citare uno dei temi che più scaldano la discussione in queste ore. Oppure basta rammentare che la Germania alza muri invalicabili quando certe acquisizioni non rispondono ai suoi interessi: chiedere per credere dalle parti di Unicredit… Loro possono e noi no?
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