
Gli obiettivi 2030 del Pniec in Europa e in Italia assomigliano a una corsa agli ostacoli
di Attilio Piattelli, Presidente del Coordinamento FREE
A fine maggio sono state rese note le raccomandazioni della Commissione Europea sui PNIEC presentati dagli Stati membri. Con riferimento al PNIEC italiano, la Commissione valuta che siano stati apportati oggettivi miglioramenti rispetto alla prima versione del gennaio 2020 e conferma che si è intervenuti su molte delle raccomandazioni ricevute. Tuttavia, pur promuovendo gli obiettivi e gli impegni fissati al 2030, Bruxelles segnala carenze nella definizione delle misure attuative e degli strumenti finanziari necessari per raggiungerli. Questa valutazione è pienamente condivisibile: gli obiettivi del PNIEC italiano sono infatti sostanzialmente condivisi anche dagli operatori di settore e dal mondo ambientalista mentre oggi il vero problema è che in molti ambiti mancano quegli strumenti attuativi e di supporto finanziario che sarebbero necessari.
Le situazioni più critiche si registrano in materia di efficienza energetica e decarbonizzazione dei trasporti, settori oggi in evidente stallo per l’assenza di strategie concrete. Non è chiaro come si intenda raggiungere i target al 2030, quasi ci si fosse dimenticati di averli fissati.
Diverso è il quadro per le FER elettriche che mostrano invece un buon dinamismo. Si contano infatti quasi 2 milioni di impianti connessi alla rete e una sostanziale crescita delle nuove installazioni che è passata da poco più di 1 GW nel 2021 a 7,5 GW nel 2024, con un incremento di circa sei volte. Sebbene non ancora sufficienti a centrare gli obiettivi al 2030, questi numeri testimoniano una forte reattività del comparto. Tuttavia, restano criticità da affrontare per sostenere la crescita futura. In particolare, la molteplicità di operatori e progetti richiede un apparato amministrativo efficiente, capace di agire con tempestività e coerenza. Purtroppo, attualmente la risposta istituzionale – sia a livello centrale sia territoriale – risulta inadeguata: i provvedimenti attuativi arrivano spesso in ritardo (come nel caso dei decreti CER, FER 2 e FERX), talvolta sono incoerenti con gli obiettivi dichiarati (es. Decreto Agricoltura e Decreto Aree Idonee) e gli uffici preposti, come per esempio l’ufficio VIA, soffrono di croniche carenze di personale. Un esempio emblematico è la saturazione virtuale delle reti, frutto del mancato aggiornamento tempestivo del TICA, oggi non più adatto a gestire un settore profondamente trasformato. Va inoltre migliorata la valorizzazione delle competenze tecniche degli operatori e della loro conoscenza delle problematiche concrete. Questo richiede modalità di consultazione più trasparenti da parte delle amministrazioni, con meccanismi strutturati che prevedano la prenotazione anticipata, la definizione di criteri di priorità per i soggetti da audire e la pubblicazione dei verbali.
Un altro nodo rilevante è quello dell’accettabilità sociale degli impianti utility scale. Gli operatori sono chiamati a garantire alta qualità progettuale e a promuovere buone pratiche che valorizzino le ricadute sul territorio, come la promozione di comunità energetiche o l’adozione di modelli di azionariato diffuso. In sintesi, è auspicabile che efficienza energetica e mobilità sostenibile ricevano al più presto l’attenzione che meritano mentre, per le rinnovabili elettriche, è fondamentale rafforzare gli organici delle amministrazioni centrali e regionali, introdurre consultazioni trasparenti e definire linee guida chiare per migliorare l’accettabilità territoriale dei grandi impianti.
L’articolo è tratto dal numero di QualEnergia di luglio/agosto 2025