Roma, 9 giu. (askanews) – Stop al referendum sulla cittadinanza. A decretarne l’insuccesso certamente la mancanza del quorum, ma anche un risultato peggiore rispetto agli altri quattro quesiti sul lavoro che erano stati proposti dalla Cgil. Perché solo due terzi di chi ha votato, ha scelto il sì per chiedere di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia per ottenerla.
A metterci la faccia, tra le forze politiche, c’è solo Riccardo Magi, leader di +Europa, tra i fondatori del comitato promotore, in una conferenza stampa allestita alla Soho House a San Lorenzo a Roma. Magi ammette la sconfitta ma non rinuncia a dare una lettura su numeri e cause: “ha vinto l’astensionismo organizzato che si è fatto forte dell’astensionismo spontaneo. Ma noi non ci sentiamo sconfitti e non devono sentirsi sconfitti i milioni di cittadini che sono andati a votare sì” perché è stato rimesso al centro un tema che “era sparito dalla discussione pubblica”.
Per Magi il referendum rappresenta un “punto di partenza”. Se la prende con la premier Meloni che “gioisce” ma, avverte, “puntare sull’astensionismo si ritorcerà contro” e ce l’ha con la proposta del centrodestra di alzare il numero delle firme necessarie per un referendum da 500mila a 1 milione. Definisce “vergognose” le parole del vicepremier Antonio Tajani sui costi del referendum e lo invita a guardare a quelli dei centri per migranti in Albania. E al leader della Lega Matteo Salvini, risponde: la cittadinanza “non è un regalo. Il tema è solo rimandato”.
Il “vulnus” da affrontare è il quorum, sottolinea, divenuto un “ostacolo alla democrazia”. Alle altre opposizioni propone un terreno comune per “abrogarlo o revisionarlo” e un’azione comune su una Pdl unitaria di riforma della cittadinanza che superi “un’ingiustizia che ferisce a fondo le istituzioni democratiche, la coesione sociale e la dignità di milioni di persone nel nostro paese”. Poi replica a chi sostiene che il tema si sarebbe dovuto affrontare in Parlamento: “Il Parlamento è annientato dai decreti legge del governo. Ius scholae e Ius Italiae è diventato Ius niente”.
Quello di Magi è stato un percorso iniziato in solitaria insieme al comitato promotore, cui hanno aderito oltre 160 associazioni tra cui gli Italiani senza cittadinanza. Cui solo in seguito si erano affiancati Avs e il Pd. Se l’esito fosse stato diverso forse sarebbe stato girato un altro film. Il commento della segretaria del Pd Elly Schlein arriva poco dopo le 18 con una nota per ringraziare le “oltre 14 milioni di persone che hanno deciso di votare” e assicurare che l’impegno proseguirà in Parlamento su lavoro e cittadinanza, “temi costitutivi per una forza progressista”. Il presidente M5S, Giuseppe Conte, sui social, critica le “esultanze sguaiate dei ‘tifosi’ della politica” e chiede di portare rispetto ai “circa 15 milioni di cittadini che sono andati a votare” e ” agli oltre 12 milioni che hanno votato sì” per “maggiori tutele nel mondo del lavoro” (d’altronde il movimento aveva dato libertà di coscienza sul quinto quesito ritenendo che il Paese non fosse “pronto”). Per Magi cruciale, in negativo, è stata quella che definisce “l’espulsione dalla Rai”. E ironizza amaro: se si fosse votato su Garlasco “sicuramente” il quorum si raggiungeva.
L’atmosfera alla Soho house rispecchia la delusione. Il co-presidente del comitato promotore (ci sono Antonella Soldo, Daniela Ionita, presidente portavoce Italiani senza cittadinanza, Francesca Druetti di Possibile, Kwanza Musi dos Santos, l’attivista Deepika Salhan che interviene da remoto), il coreografo danzatore Sonny Olumati, figlio di genitori nigeriani, però invita a “non” fare le “facce da funerali perché ogni cambiamento ha bisogno di tempo e inizia sempre con un bagno di verità, questo è stato il nostro bagno di verità. E io sono contento, perché ogni volta che bisogna costruire qualcosa si parte sempre dalle fondamenta, questo è il nostro primo mattone”. E conclude: “il futuro è già qua, bisogna solo guardarlo e non farsi trovare impreparati. E come ha detto qualcuno ‘non ci vedranno arrivare’”.
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