
Malgrado denunce e controlli promessi dal governo, le aziende idriche sotto accusa per sversamenti inquinanti e cattiva gestione. Possibile rinazionalizzazione
Alcune inchieste giornalistiche e nuovi dati diffusi in Gran Bretagna, oltre alle pesanti conseguenze registrate in diversi tratti di mare e corsi d’acqua, hanno portato a nuove denunce sugli sversamenti idrici inquinanti imputati alle aziende private di gestione delle acque nel Regno Unito.
Nel 2024, alcuni test avevano evidenziato che nella rete acquifera inglese c’è di tutto: batteri, virus, sostanze chimiche e perfino radioattive.
Stando a un nuovo rapporto ufficiale dell’Agenzia nazionale per l’ambiente, gli episodi d’inquinamento “grave” legati a questo settore sono cresciuti di un altro 60% nell’ultimo anno in Inghilterra, a dispetto degli scandali pubblici e dei controlli annunciati a più riprese dal governo.
Secondo la BBC, in totale, nel 2024 si sono verificati 2.801 episodi di inquinamento in Inghilterra, il massimo storico, rispetto ai 2.174 del 2023. Di questi, 75 sono stati ritenuti dannosi “gravi o persistenti” per la pesca, l’acqua potabile e la salute umana, rispetto ai 47 dello scorso anno. Il Public Accounts Committee – un gruppo trasversale di parlamentari – ha definito il livello di inquinamento “deplorevole” e ha affermato che le autorità di regolamentazione hanno “mancato di agire” nel chiedere conto all’industria.
Privatizzate a partire dal 1989, sulla base del processo di liberalizzazione generalizzata di gran parte dei servizi pubblici avviato sotto la premiership Tory di Margaret Thatcher e confermato sostanzialmente anche dopo l’avvento al potere del cosiddetto New Labour di Tony Blair, le aziende idriche sono da qualche anno sotto il fuoco delle polemiche, per vicende legate all’inquinamento, alle accuse di cattiva gestione, ai continui aumenti delle bollette a carico dei consumatori e alle denunce sui compensi e i bonus attributi ai manager.
Ci sono casi come quello della Thames Water, colosso che fornisce fra l’altro l’acqua all’area metropolitana di Londra, giunta sulle soglie della bancarotta, fra debiti e situazione finanziaria fuori controllo. C’è anche l’ipotesi, per ora rimasta sulla carta, di una rinazionalizzazione almeno temporanea da parte dell’attuale governo laburista-moderato di Keir Starmer, che in questa direzione si è già mosso nel non meno dissestato settore ferroviario britannico.
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