Tra Cina e Stati Uniti non sarà una nuova Guerra Fredda ma una guerra d’argilla, che viene continuamente modellata da forze esterne ed interne e plasmata in direzioni diverse a seconda delle pressioni, delle negoziazioni e degli eventi, qualcosa che mentre si fa, diventa subito dopo qualcos’altro.
Al di là dei presunti bluff, dello storytelling messo in campo dalle varie potenze mondiali e delle narrazioni giornalistiche talvolta fuorvianti, l’unica cosa certa è che la partita delle partite sarà proprio quella che si gioca tra Cina e Stati Uniti. Tutto il resto è «solo» drammaticamente funzionale a disegnare il campo di questa contrapposizione, il perimetro delle sue alleanze, e i rapporti di forza tra grandi e piccoli imperi, aspiranti o presunti tali.
Giorgio Cuscito scrive su Limes che “a inizio giugno, per la prima volta nella storia, la Repubblica Popolare Cinese ha inviato simultaneamente due gruppi di portaerei, Liaoning e Shandong, a est dell’isola di Iwo Jima (Giappone).
Il primo gruppo ha superato le isole Bonin (o Ogasawara), che insieme alle Marianne settentrionali (di cui fa parte la statunitense Guam), Palau e altri arcipelaghi minori, compongono la seconda catena di isole nel Pacifico. Durante le esercitazioni ci sono stati momenti di tensione con le Forze armate nipponiche. Secondo Tōkyō, in due occasioni distinte un caccia J-15 partito dalla portaereiShandong ha tallonato a distanza ravvicinata un velivolo da pattugliamento giapponese P-3C partito da Okinawa.
Tali attività – scrive Giorgio Cuscito – rappresentano un rilevante esempio del tentativo di Pechino di rompere la strategia di contenimento attuata dagli Stati Uniti”. Piccole manovre, certo, ma che danno il senso di quel che sta avvenendo tra Cina e Stati Uniti oltre alla questione dei dazi.
Anche se il presidente Trump ha annunciato soddisfatto il raggiungimento di un’intesa con la Cina per quanto riguarda appunto i dazi, niente è cambiato sul piano dello scontro tra le due super-potenze. Nel suo recente libro “La nuova guerra contro le democrazie”, Maurizio Molinari scrive che il progetto di Xi è quello di realizzare il “Grande Disegno”, ovvero “promuovere norme e istituzioni destinate a regolare la cooperazione internazionale sulla base degli interessi nazionali cinesi”. Questa volontà politica trova testimonianza soprattutto in Estremo Oriente: “nel Mar Cinese Meridionale, imponendosi nelle acque territoriali contese con altri Paesi, dalle Filippine al Vietnam; a Taiwan, puntando alla riunificazione con l’isola nazionalista; nel Pacifico, siglando accordi economici con le isole disposte ad allentare il legame con Washington; e in Nord Corea, tenendo il più possibile legato a sé l’imprevedibile dittatore Kim Jong-un. Ovunque, è la Cina a essere all’offensiva. Da qui l’attrito che Pechino esercita nei confronti degli Stati Uniti”.
La realpolitik della Cina

Ma la realpolitik cinese, e la consapevolezza che le procedure e le regole per la gestione delle crisi globali sono cambiate hanno convinto Xi ad aprire, con la Nuova via della seta, un varco anche verso l’Europa. Ovviamente gli Stati Uniti non sono rimasti a guardare, ed hanno messo in campo a loro volta la cosiddetta Via del cotone, ovvero un memorandum d’intesa per un corridoio India-Medio Oriente-Europa. A pensar male si commette peccato ma tra le città strategiche per la Nuova via della seta cinese c’è proprio Teheran. Non è quindi un caso che, come si legge su Chinadaily.com, l’inviato cinese alle Nazioni Unite abbia condannato i recenti attacchi militari di Israele e Stati Uniti contro gli impianti nucleari iraniani, definendoli una “grave violazione del diritto internazionale e una violazione della sovranità dell’Iran”.
Siamo dentro ad un complessivo ridisegnarsi delle aree di influenza delle grandi super-potenze mondiali. E in questo rimescolio non è semplice immaginare quale mondo nuovo arriverà.
Che sia chiaro: non è questo un passaggio storico di quelli banali, tutt’altro; siamo esattamente dove si fanno gli strappi della storia, e come accade in tutte queste fasi, l’umanità cammina lungo un pericoloso crinale, nel chiaroscuro dove nascono i mostri.
La crescente contrapposizione tra Cina e Stati Uniti non è altro che il guscio nel quale il riacutizzarsi di conflitti più o meno sopiti e mai risolti, come ad esempio quello tra Israele e Palestina o tra Ucraina e Russia, trovano le energie per riprendere forza e per plasmarsi rispetto al nuovo scenario.
Nel 1972, per la prima volta, un presidente statunitense, Richard Nixon, visitò Pechino. Fu quello un evento che servì a togliere il grande Dragone cinese da un pericoloso isolamento internazionale. Henry Kissinger ci mise lo zampino, preparando la visita con una serie d’incontri diplomatici segreti.
Il nuovo ordine internazionale
Oggi, dopo 53 anni, il nuovo ordine internazionale sembra riprendere le fila proprio da quell’evento, il nascente bipolarismo Stati Uniti-Cina, con dentro a questo, come cerchi concentrici, tutte le altre crisi che stanno riscaldando il mondo.
È da questa prospettiva che vanno interpretati i fatti geopolitici. Anche l’inedito rapporto tra Trump e Putin ha un altro significato strategico se lo si colloca dentro alla guerra d’argilla tra Cina e Stati Uniti. Ed il problema è che questa sfida si gioca ormai senza regole precise, quasi fosse un viaggio di notte a fari spenti: da una parte Trump, l’istrione, e dall’altra Xi, con il suo socialismo cinese che non fa sconti a nessuno. E lo sappiamo bene, noi europei, cosa voglia dire tutto questo, dazi da una parte e dall’altra. Perché non siamo solo nel mirino di Trump. Su Italian.people.cn si legge che “il Ministero del Commercio cinese ha annunciato lunedì 30 giugno che avrebbe esteso i dazi antidumping sulle billette di acciaio inossidabile, sulle lamiere e sulle bobine di acciaio inossidabile laminate a caldo importate dall’Unione Europea (UE), dal Regno Unito (UK), dalla Repubblica di Corea (ROK) e dall’Indonesia per altri cinque anni, a partire da martedì”. Attenzione, l’Europa rischia molto, c’è poco da scherzare.
È vero che gli Stati Uniti mantengono un vantaggio complessivo in termini di potenza militare e innovazione tecnologica di base, ma la Cina sta rapidamente colmando il divario in molti settori ed è diventata una potenza economica e geopolitica di primo piano, sfidando l’egemonia americana. Il futuro dei rapporti di forza dipenderà da come i due paesi gestiranno le loro rivalità e se riusciranno a trovare un equilibrio tra competizione e cooperazione.
Intanto su globaltimes.cn si legge che “la più grande nave porta-veicoli al mondo alimentata da energia fotovoltaica (FV), la nave “Yuanhai Kou” della China COSCO Shipping Corporation, ha completato con successo il suo viaggio inaugurale, attraccando al terminal per il trasporto di auto del porto del Pireo in Grecia con 4.000 veicoli cinesi di produzione nazionale a bordo”. La guerra d’argilla è già qui.
L’articolo Tra Cina e Stati Uniti non sarà una nuova Guerra Fredda ma una guerra d’argilla, vediamo come si combatterà proviene da Blitz quotidiano.