Trentino, abbattuto il primo lupo su ordine della Provincia

Il presidente Fugatti difende la scelta, con il parere favorevole di Ispra, mentre esperti e associazioni continuano a sottolineare che uccidere esemplari non è la soluzione per la convivenza

Nella notte tra il 19 e il 20 settembre un lupo è stato abbattuto in Trentino. Era un membro del branco accusato di alcune predazioni di animali d’allevamento nella Lessinia trentina, uno dei due esemplari oggetto di decreto di rimozione nel territorio comunale di Ala per danni al bestiame in alpeggio. L’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) aveva dato parere favorevole e il Consiglio di Stato si era espresso respingendo la richiesta di sospendere l’abbattimento avanzata da alcune associazioni animaliste.

“Sicuramente è un messaggio importante per l’agricoltura di montagna che sappiamo essere in difficoltà per la presenza dei grandi carnivori, in questo caso i lupi – ha commentato Maurizio Fugatti, presidente della provincia autonoma di Trento – Questa prima uccisione che avviene in Trentino dopo un regolare percorso amministrativo, suffragato da una sentenza del Tar e poi del Consiglio di Stato, è un segnale che conta per le categorie dell’agricoltura di montagna e anche per chi ci vive. A nostro modo di vedere è un segnale solo iniziale, poi ci sono tante altre problematiche che i lupi stanno causando in alcune aree del Trentino. Penso per esempio alla Valsugana. Occorre continuare”

La reazione delle associazioni

Legambiente esprime profonda condanna e preoccupazione per l’abbattimento di un lupo maschio adulto decretato dalla Provincia autonoma di Trento e avvenuto nella Lessinia trentina mentre si trovava in un pascolo limitrofo a Malga Boldera. Il lupo in questione era stato ritenuto responsabile di tentativo di predazione su un bovino. Tale abbattimento è un grave passo indietro nella gestione della fauna selvatica in Trentino e in Italia. Servono prevenzione e conoscenza, non fucili.

“Gli abbattimenti, anche se autorizzati, – dichiara Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità di Legambiente – rischiano di compromettere gli equilibri ecologici, la coesistenza con gli allevatori e la percezione pubblica verso specie considerate a rischio. Prima di procedere con misure estreme come l’abbattimento è imperativo che vengano messe in campo tutte le azioni preventive possibili. Si deve valutare chi paga il costo ambientale di un abbattimento, non solo sotto il profilo del valore intrinseco di ogni individuo della specie, ma anche considerando il rischio di effetti a catena: perdita di funzione ecologica, alterazioni nei comportamenti del branco, ripercussioni sulla fauna preda e sugli ecosistemi locali. La scienza, infatti, non conferma in alcun modo che eliminare singoli esemplari possa ridurre le predazioni sul bestiame. Come spiegato da diversi zoologi, gli abbattimenti rischiano anzi di produrre l’effetto opposto”. “È indispensabile – aggiunge Raimondi – che la politica riconosca l’importanza di soluzioni basate sulla scienza e sulla prevenzione, abbandonando logiche punitive e di accanimento che non solo non risolvono i conflitti, ma rischiano di acuire la tensione sociale e di compromettere la conservazione di una specie fondamentale per l’equilibrio naturale e sociale degli ecosistemi alpini. Alle Istituzioni chiediamo di cambiare rotta e di impegnarsi su un fronte davvero risolutivo tramite:  investimenti concreti nella mitigazione e nella prevenzione (come ad esempio recinzioni elettrificate, cani da guardianìa, sistemi di dissuasione) lavorando sempre di più attraverso un’alleanza e una gestione condivisa con le comunità locali; una formazione e un supporto tecnico agli allevatori utilizzando un approccio scientifico; indennizzi rapidi e adeguati per i danni subiti per garantire la sostenibilità economica delle attività pastorali senza ricorrere a scorciatoie dannose”.

Legambiente ricorda che il lupo è una specie ancora rigorosamente protetta in Italia. La Direttiva Habitat stabilisce chiaramente che gli abbattimenti possano essere considerati solo come extrema ratio, a condizione che non esistano alternative praticabili. La protezione della fauna selvatica non è una questione secondaria, ma centrale per il benessere ambientale, per l’equilibrio degli ecosistemi e per la qualità della vita nei nostri territori montani.

Per il Wwf Italia: “È inaccettabile infatti che, nonostante le evidenze scientifiche dimostrino come l’unica soluzione al conflitto sia investire nella prevenzione, anche oggi si sia preferito abbattere un lupo (a caso), con la falsa speranza di diminuire i danni. In quell’area è presente da anni un branco e eliminare uno o due individui avrà poco effetto se non si migliorano le strategie di prevenzione messe in campo. Vendere gli abbattimenti come una soluzione prende in giro, come ribadito in più occasioni, in primis gli allevatori”.

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