Trump apre sui dazi (che negli Usa cominciano a pesare sui prezzi): “Con la Ue stiamo discutendo”. Quelli al 30% al momento restano sul tavolo

Donald Trump apre sui dazi. Quelli al 30% restano sul tavolo, “ma stiamo discutendo” perché, assicura il tycoon, adesso l’Europa “ci sta trattando bene”. Poi la previsione distensiva: “Credo che andrà bene”.

Queste parole, il presidente Usa le aveva già sfoderate pochi giorni prima di agitare le tariffe punitive. E a soli quattro giorni dalla lettera recapitata all’esecutivo von der Leyen, i canali tra Washington e Bruxelles sono di nuovo aperti. Gli emissari Ue sono volati oltreoceano con proposte su tutti i fronti: tra queste il compromesso minimo al 10% rilanciato anche dal Governo Meloni e gli sconti settoriali.

Segnali di una volontà politica che la Ue continua a rivendicare, puntando a trovare l’intesa entro il primo agosto. Il conto alla rovescia però prosegue e i primi contro-dazi da 21 miliardi di euro, con aliquote tra il 10 e il 25% per rispondere alle tariffe americane su acciaio e alluminio, in caso di mancata intesa scatteranno il 6 agosto. Poi scatterebbe anche la seconda ondata da 72 miliardi in cui si colpirà l’industria e l’agroalimentare Usa.

Maros Sefcovic
Trump apre sui dazi: “Con la Ue stiamo discutendo, credo che andrà bene” (nella foto Ansa il commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic) – Blitz Quotidiano

Dopo l’annuncio di Trump, c’è stato un primo scambio tra Maros Sefcovic e l’omologo Howard Lutnick che è stato definito “neutrale”. Ma, già all’indomani, il capo negoziatore Ue si è impegnato in un nuovo round, stavolta con l’altro interlocutore Usa, Jamieson Greer. Di fronte alle pressioni dell’ala degli intransigenti guidati da Parigi che, per bocca del ministro Jean-Noel Barrot, ha ribadito che l’Europa “non può essere vassalla” degli Stati Uniti, bollando come “un ricatto” l’aliquota al 30%, comunque a Bruxelles prevale la cautela, ritenuta indispensabile il negoziato.

“Non è nostra intenzione attivare alcuna contromisura prima del primo agosto”, è la linea. Sul tavolo dei governi tuttavia ora è planata in via ufficiale la lista formale lunga 200 pagine della seconda tranche di contro-dazi carica di simboli come carni bovine e suine, suv, pick-up, componenti legati a Boeing (su pressione di Parigi) e l’iconico bourbon del Kentucky, nonostante i timori di Italia, Francia e Irlanda su possibili rappresaglie americane.

Nella lista formata da 158 articoli c’è stato un taglio mirato che risparmia computer, motori, microscopi e strumenti di precisione Usa. Restano fuori dal mirino anche i farmaci, i semiconduttori e le materie prime critiche – come rame e legname – ancora immuni dai dazi di Washington. E un’ulteriore esclusione riguarda anche i prodotti a uso militare.

Negli Usa il peso dei dazi inizia a sentirsi

Tutto questo avviene mentre negli Stati Uniti ha cominciato a farsi sentire il peso dei dazi. Il Dipartimento del lavoro statunitense ha pubblicato i dati sull’inflazione di giugno che ha segnato un rialzo del 2,7% sull’anno precedente, più di quanto è stato registrato a maggio, quando i prezzi hanno avuto un incremento del 2,4%.

Si tratta di un segnale che conferma il fatto che le tariffe volute da Trump stanno iniziando a pesare sulle aziende che, dopo essersi ritrovate dei rincari in dogana, hanno a loro volta scaricato il peso sui consumatori. Gli aumenti più consistenti sono stati per i prodotti più sensibili ai dazi: giocatoli, mobili, attrezzature sportive, elettrodomestici e abbigliamento.

John David Rainey è il direttore finanziario di Walmart. Nei giorni scorsi ha dichiarato che “l’entità e la rapidità con cui questi aumenti ci stanno colpendo sono senza precedenti nella storia”. Rainey ha anche avvisato che l’impatto della guerra commerciale sui consumatori è ancora limitato. E in effetti i rincari di giugno sono ancora sotto controllo e all’interno di un limite accettabile. La sensazione è però che il peggio possa ancora arrivare.

 

 

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