‘Con la Citizen science i cittadini possono ambire a stili di vita più sostenibili’
Ci avviciniamo al 2030, anno in cui l’Onu ha fissato il termine per il raggiungimento dei famosi 17 Obiettivi dello sviluppo sostenibile, declinati su 169 indicatori di benessere sociale, ecologico ed economico. “Un piano d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità”, del quale numerosi studi internazionali hanno seguito la progressione, ribadendo la necessità di accelerare. A oggi solo una manciata di nazioni nordeuropee ha raggiunto il 90% degli obiettivi. L’Italia è al 79%, ma la sua marcia di avvicinamento è molto lenta.
Il nostro cammino verso lo sviluppo sostenibile è sicuramente disseminato di ostacoli, asperità e vicoli ciechi. Da una parte la politica non fa abbastanza per avvicinare le persone a un rapporto con la realtà naturale che concili economia e qualità della vita. Dall’altra le persone sono poco informate e guidate nelle loro azioni quotidiane e spesso il perseguimento della cosiddetta sostenibilità è un lusso accessibile a pochi. Infine, se anche l’Agenda 2030 è insegnata a scuola, i suoi dettami faticano a penetrare la nostra società in prevalenza “adulta”.
Secondo molti osservatori, un prezioso supporto all’Agenda 2030 può venire dalla Citizen science, cioè dalla ricerca scientifica che prevede la partecipazione dei cittadini, per esempio attraverso la raccolta di dati ambientali. In questo modo i cittadini contribuiscono alla scienza beneficiando in maniera diretta, si avvicinano alla comprensione del processo scientifico, ampliano le loro conoscenze sulla realtà contingente, individuano le problematiche socio-ecologiche insieme agli scienziati e cercano loro stessi delle soluzioni, che spesso ritrovano proprio nell’ambito di stili di vita più “sostenibili”.