Vaia, sei anni dopo il 60% dei picchi neri nidifica sugli alberi colpiti dal bostrico. Lo studio

picchio nero

Sugli alberi infestati, i picchi neri creano rifugio per loro e altre specie. Pubblicato su Animal Conservation, uno studio della Statale di Milano, Muse di Trento e Parco Naturale di Paneveggio-Pale di San Martino impedisce l’esbosco totale

Nelle foreste alpine dominate dalle conifere, il picchio nero (Dryocopus martius) è una specie prioritaria, che costruisce grandi cavità utilizzate poi come rifugio da tante altre specie di uccelli (come il picchio muratore, le cince e la sempre più rara civetta capogrosso), di micromammiferi (ad esempio pipistrelli, ghiri e scoiattoli) e insetti sociali come le api. Il suo ruolo di ingegnere ecosistemico è particolarmente apprezzato nell’area nord – est dell’arco alpino italiano, la stessa che è stata colpita dalla tempesta Vaia nell’ottobre del 2018 e distrutta poi dalla drammatica epidemia dell’insetto parassita bostrico tipografo (Ips typographus), che ha portato alla morte migliaia di alberi. La particolarità dell’area e delle comunità ornitiche presenti ha dato avvio a uno studio condotto nell’ambito del progetto pluriennale nato dalla collaborazione tra Museo delle Scienze di Trento (Muse), Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino e Università degli Studi di Milano. I risultati, sorprendenti, sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Animal Conservation: nell’area esaminata, in provincia di Trento, il 50% degli alberi con cavità fatte da picchio nero era stato distrutto dalla furia di Vaia. Eppure, la popolazione di picchio ha resistito sia all’impatto della tempesta che dell’epidemia di bostrico, di cui si nutre. Lo dimostra lo studio, rivelando che a maggio 2024 il 60% della popolazione di picchio nero residente aveva addirittura “approfittato” dell’epidemia di bostrico per costruire nuovi nidi sulle piante parassitate. Il bostrico  è un piccolo insetto coleottero del gruppo degli Scolitidi, di colore bruno, lungo circa 4-5 mm. È endemico dei boschi del Trentino e attacca prevalentemente l’abete rosso, in cui scava gallerie sotto la corteccia che interrompono il flusso della linfa conducendo rapidamente le piante alla morte.

civetta nido
La civetta capogrosso nidifica quasi solo in vecchi nidi di picchio nero (C. Bettega)

Prima della tempesta Vaia, si era registrato un sensibile miglioramento delle tecniche di gestione forestale, con il mantenimento in molte aree di elementi chiave dell’ecosistema che ne favoriscono la ricchezza di biodiversità. Ma l’emergenza creatasi dopo il 2018 le ha messe in discussione: l’enorme quantità di legno morto a terra e la necessità di rimuovere il più velocemente possibile le piante infestate hanno portato ad un’intensificazione dell’attività e il ricorso a tagli rasi. È una potenziale trappola ecologica per la specie di picchio nero: infatti, l’esbosco totale di alberi bostricati sta progressivamente rimuovendo tutti i siti riproduttivi della specie. I tronchi infestati, con l’azione dei picchi, possono diventare un rifugio per le specie boschive. Sono quindi da valorizzare, tanto da spingere l’Agenzia provinciale delle foreste demaniali ad avviare nella foresta di Paneveggio (TN) una fase di sperimentazione che prevede l’individuazione, la marcatura e la tutela degli alberi bostricati con cavità di picchio nero, nonché la marcatura di gruppi di 20-30 piante attorno a tali alberi. Questi gruppi di piante saranno preservati dal taglio e si spera potranno garantire la disponibilità di siti di nidificazione per il picchio nero, le altre specie di Picidi presenti e le specie nidificanti secondarie per gli anni a venire.