Il 29 ottobre 2024 la dana fece 237 vittime. Il ricordo, tra le proteste verso le autorità e la commozione, di una comunità che si è subita rimboccata le maniche per ripartire. Il nostro reportage
A un anno esatto dalla terribile alluvione di Valencia che ha spezzato 237 vite, Nuova Ecologia ha seguito le celebrazioni e il ricordo di una comunità, quella valenzana, accogliente e amica. La giornata di mercoledì 29 ottobre è iniziata con un minuto di silenzio nelle istituzioni e poi nel pomeriggio ci sono stati tanti eventi, tra momenti di commozione e anche di contestazione alle autorità. Tutti i giornali regionali e nazionali hanno dedicato la loro prima pagina al ricordo delle vittime e al ricordo del terribile evento.
Valencia è una zona tendenzialmente poco piovosa, ma in rari casi si crea il fenomeno della Dana (depresion ailsada en niveles altos, depressione isolata di alti livelli), lo scontro fra correnti fredde e calde che genera tempeste enormi. Già nel 1957 la città fu colpita da un’alluvione e furono 87 i morti; l’alluvione del 2024 è stata ancora più devastante perché nel frattempo la crisi climatica ha acuito i fenomeni meteo estremi. Nel 1957 a seguito dell’alluvione fu deciso di drenare il fiume Turia, che ora è diventato la cintura verde intorno alla città. La decisione visionaria di allora fu quella di non cementificare il fiume ma di renderlo un enorme parco verde intorno alla città. Che assorbe l’acqua e che ha creato grande vivibilità: infatti, ci si può muovere a piedi o in bici per tutta la città senza “uscire” dal verde.
Quel parco non solo rappresenta un corridoio viario sostenibile, ma ha anche salvato il centro città infatti il dramma a fine ottobre 2024 è avvenuto fuori dal centro di Valencia, lungo le strade di cemento diventate fiumi di fanghi che hanno travolto passanti ed auto. Una delle zone più colpite è stato il comune di Paiporta, provincia di Valencia, a pochi chilometri dal centro città. Siamo andati a Paiporta, ma prima di lasciare il centro città siamo passati al monumento simbolo di Valencia, la Città dell’Arte e della Scienza. Ci hanno educatamente accolto molti poliziotti che presidiavano l’area. All’interno del complesso si sono svolti funerali (postumi) di Stato per ricordare le vittime in presenza dei parenti. Erano presenti le più alte autorità spagnole a partire dal Re di Spagna, poi il primo Ministro Sanchez ed il Governatore della Comunità (Generalidad) Valenciana Mazon. Sanchez guida un governo di centrosinistra, Mazon guida una regione di centrodestra. Ma le critiche dei presenti sono state rivolte a tutti, senza risparmiare neanche il Re Filippo VI. Durante la cerimonia ufficiale si sono alzate grida dei parenti delle vittime: “asesinos” (assassini), traidotores (traditori), “fuera, fuera” (fuori, fuori).

Lasciandoci alla spalle la Città della Scienza e le proteste dei parenti delle vittime, siamo andati a Paiporta accompagnati da Alejandro Ventura Gonzales, che un anno fa insieme ad altre centinaia di persone era lì a spalare il fango. “Questa strada che stiamo percorrendo – racconta – era tutta piena di fango. Non si poteva arrivare in alcun modo, io ho preso a noleggio un motorino e l’ho portato il più vicino possibile e poi sono andato a piedi insieme a tutti gli altri. Era rimasto solo un ponte che collegava le zone alluvionate con il centro della città e quel ponte è stato ribattezzato il ponte della solidarietà” continua Alejandro mentre col dito indica zone ancora fangose, le zone di rifacimento degli argini e le zone ricostruite e ripulite. Ci accompagna poi al Museo Rajoleiria di Paiporta dedicato all’antica tradizione valenciana di cuocere il cotto, dove in questi giorni c’è anche una mostra con centinaia di foto dell’alluvione fatte da fotografi professionisti e da normali cittadini. Alcune di quelle foto, coinvolgenti e commoventi, sono del fratello di Alejandro che, come lui, era a spalare il fango.
Dalla mostra ci siamo spostati al centro di Paiporta, dove migliaia di persone si sono radunate per marciare silenziosamente in ricordo delle vittime. Poco prima che la marcia inizi vi è un gran rumore, le persone parlano, si salutano, ricordano i terribili movimenti, i bambini giocano. Poi dalla testa del corteo qualcuno “ordina” il silenzio e una massa di migliaia di persone dal rumore passa al silenzio. Il corteo si è mosso educato e silenzioso ma si è chiusi con dei petardi. “È tipico delle manifestazioni spagnole”, spiega Alejandro Ventura Gonzales. Per beffarda combinazione comincia anche a piovere dopo giorni di sereno. Una pioggia leggera, “più lacrime dal cielo che il timore di un nuovo dramma”, dice qualcuno in strada.
Torniamo verso il centro di Valencia e salutiamo Alejandro. Ma la serata non è conclusa. Da una finestra una signora batte un mestolo su una padella. Poi un’altra. Poi un signore di fronte. In pochi minuti centinaia di valenzani appaiono sui loro balconi facendo suonare pentole e padelle. Guardiamo l’orologio. È esattamente l’ora in cui il fiume ha esondato e ha cominciato a fare i primi morti.
