Per affrontare e ridurre gli impatti degli eventi estremi i Paesi in via di sviluppo hanno bisogno di circa 387 miliardi di dollari. I dati dell’Adaptation Gap Report 2023 dell’Unep, che indica i 7 modi per colmare il divario
Aumentano i fenomeni estremi legati ai cambiamenti climatici, ma diminuiscono i finanziamenti e la tempestività per pianificare misure di adattamento e mitigazione. E a pagarne le maggiori conseguenze sono i Paesi più vulnerabili – quelli a basso reddito – che necessitano del 50% in più dei flussi di finanza pubblica internazionale rispetto a quanto stabilito in precedenza. Il dato emerge dall’Adaptation Gap Report 2023 (AGR 2023) dello United Nations Environment Programme (UNEP).
Secondo l’UNEP sono sette i modi per colmare questo gap finanziario: aumentare i fondi pubblici internazionali, insieme alla spesa interna, per l’adattamento; finanziare il settore privato per l’adeguamento; favorire le rimesse dei migranti verso i loro Paesi, che contribuiscono in modo significativo al PIL; sostenere le piccole e medie imprese che sono il fulcro del settore privato in molti Paesi in via di sviluppo; riformare l’architettura finanziaria globale; attuare l’articolo 2.1 dell’Accordo di Parigi in base al quale i flussi finanziari devono essere orientati verso uno sviluppo a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima.
Nel report, la sezione Loss&Damage (un fondo per il risarcire le perdite e dei danni subìti dai Paesi che sono meno responsabili del riscaldamento globale ma subiscono i suoi danni peggiori) è dedicata al supporto che deve essere fornito ai 197 Paesi che parteciperanno alla COP28 – la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà questo mese a Dubai – per favorire la definizione di un fondo “perdite e danni” e degli Accordi di finanziamento per i Paesi più vulnerabili, che necessitano di circa 387 miliardi di dollari all’anno per l’adattamento, circa la metà in più di quanto precedentemente stimato. I maggiori investimenti dovranno essere destinati alla manutenzione dei fiumi, alla tutela delle zone costiere e al ripascimento delle spiagge e, infine, al miglioramento della resilienza delle infrastrutture energetiche e dei trasporti. Investimenti che spetteranno soprattutto alle regioni dell’Asia orientale e del Pacifico, all’America Latina e ai Caraibi. Gli Stati più ricchi non sono esenti, poiché verrà chiesto loro di assumersi la responsabilità di perdite e danni crescenti, in quanto principali emettitori di gas inquinanti.
Dal 2021 sono stati fatti progressi nell’implementazione dei Piani di adattamento, ma il 15% dei Paesi coinvolti nei negoziati sul clima non ha ancora uno strumento idoneo di pianificazione. Per l’Unep, l’attuazione di nuovi Piani di adattamento è scesa dal 4% all’1% nel 2022.
Siamo ancora in tempo per ridurre questo divario? Secondo il rapporto dell’UNEP sì, ma solo aumentando i finanziamenti verso i Paesi a basso reddito e attuando Piani di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici che ne migliorino la resilienza.