Giornata della tartaruga marina, ospite in aumento nel Mediterraneo occidentale

Cala Pisana tartarughe piccole

Boom di nidificazioni della tartaruga Caretta caretta sulle coste del Mediterraneo occidentale a causa del riscaldamento delle acque e di una maggiore flessibilità della specie. Favorita da una nuova attenzione dei comuni costieri grazie al progetto Life Turtlenest

Il 16 giugno si celebra la Giornata mondiale della tartaruga marina. Una delle più interessanti e affascinanti storie di adattamento ai cambiamenti climatici si sta scrivendo sulle spiagge del Mediterraneo occidentale: la tartaruga marina Caretta caretta, simbolo della biodiversità marina, sta esplorando nuovi siti dove deporre le uova. Un fenomeno in crescita che coinvolge Italia, Spagna e altri Paesi affacciati sul Mare Nostrum, e che potrebbe cambiare per sempre la geografia riproduttiva di questa specie.

Se fino a qualche decennio fa le tartarughe nidificavano quasi esclusivamente sulle coste orientali del Mediterraneo (come Grecia, Turchia e Cipro), oggi le nuove generazioni scelgono sempre di più le coste occidentali: in particolare, in Italia nel solo 2024, sono stati segnalati ben 601 nidi, il numero più alto di sempre. Fino a pochi anni fa erano infatti solo poche decine: solo 20 nel 2014, 30 nel 2015, 40 nel 2016, 50 nidi nel 2017 e così via per poi gradualmente passare a un incremento più repentino tra il 2020 (80 nidi censiti) al 2021 (244 nidi). Un fenomeno dovuto all’innalzamento delle temperature medie annuali nel bacino del Mediterraneo. Si tratta di 1,4° C in più rispetto a fine ‘800, un valore superiore di 0,25° C circa rispetto all’incremento medio della temperatura globale: è quanto emerge dal report “Climate change and interconnected risks to sustainable development in the Mediterranean”, pubblicato su Nature Climate Change. Inoltre, il Mediterraneo è anche tra i bacini che si stanno scaldando più velocemente sul pianeta, circa + 0,4°C per ognuno degli ultimi decenni, e proiezioni per il 2100 variano tra +1,8°C e +3,5°C in media rispetto al periodo tra il 1961 e il 1990. Ed è proprio a partire da queste ricerche che gli esperti hanno associato la tendenza costante del riscaldamento delle acque all’aumento del numero di nidi di Caretta caretta sulle coste occidentali del Mediterraneo occidentale.

Inoltre, come è noto, tendenzialmente le tartarughe marine tornano a nidificare negli stessi siti in cui sono nate (Relaxation of Nest-site Fidelity), eppure, evidentemente, questa abitudine sta cambiando. Secondo i dati raccolti dal progetto europeo Life Turtlenest, coordinato da Legambiente e con la direzione scientifica della Stazione Zoologica di Napoli, la specie sta adottando comportamenti esplorativi più flessibili, come la Philopatry Relaxation, ovvero una minore rigidità nel ritorno ai siti di nascita per la deposizione. Questo comportamento facilita la colonizzazione di nuovi habitat e apre scenari inediti per la conservazione, poiché suggerisce un potenziale adattativo superiore a quanto precedentemente ipotizzato.

A confermare questa tendenza, uno studio internazionale pubblicato su Nature, condotto lungo le coste spagnole tra il 2016 e il 2019: le tartarughe che nidificano in queste nuove aree, infatti, non sono nate lì, ma provengono da popolazioni lontane, probabilmente dall’Atlantico o dal Mediterraneo orientale. Grazie a sofisticate analisi genetiche, i ricercatori hanno potuto stabilire che ogni nido analizzato apparteneva a una femmina diversa: un segnale inequivocabile che si tratta di nuove colonizzatrici, non di tartarughe di ritorno.

In Italia, questa crescita non riguarda solo la frequenza, ma anche la distribuzione geografica dei nidi, che si estende ormai dalle regioni meridionali fino a quelle settentrionali. Lazio, Toscana, Liguria e persino tratti meno noti del litorale adriatico stanno registrando tentativi di nidificazione che fino a pochi anni fa sarebbero stati impensabili. Località come il Delta del Po o la Riviera ligure cominciano a comparire nei rapporti di monitoraggio, evidenziando come la specie stia esplorando e colonizzando ambienti nuovi. In particolare, dei 601 nidi censiti nel 2024, (190 erano stati trovati in Sicilia, 147 in Calabria, 104 in Campania, 99 in Puglia, 24 in Toscana, 14 nel Lazio, 8 in Sardegna e 5 in Liguria).

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Tuttavia, questa espansione geografica comporta nuove criticità gestionali, poiché molte delle spiagge interessate si trovano in aree densamente urbanizzate o soggette a forte pressione turistica. È quindi essenziale che la crescita della popolazione nidificante sia accompagnata da misure di protezione efficaci e sostenibili.

Il progetto Life Turtlenest sta realizzando attività fondamentali per proteggere i nidi e favorire l’adattamento della specie, tra cui: il monitoraggio delle spiagge attraverso squadre di volontari e tecnici esperti; la messa in sicurezza dei nidi per proteggerli da predatori e disturbi antropici; attività di educazione ambientale rivolte a turisti, cittadini e operatori balneari; l’installazione di cartellonistica informativa e interventi pilota di illuminazione a basso impatto nelle aree maggiormente sensibili; il coinvolgimento diretto delle comunità e delle istituzioni locali per creare una rete di tutela condivisa. Ne sono esempio i Comuni e i Lidi amici delle tartarughe marine, comuni costieri e lidi balneari che si impegnano attivamente nella salvaguardia delle tartarughe marine, attraverso accordi con Legambiente. “I dati scientifici parlano chiaro – commenta Stefano di Marco, Coordinatore dell’Ufficio Progetti di Legambiente e Project Manager del Life Turtlenest – le tartarughe marine nel bacino mediterraneo stanno progressivamente spostando il loro areale di nidificazione sempre più a ovest e sempre più a nord. È un trend inequivocabile, che impone di attrezzarci per tempo. Per tutelare efficacemente le nuove aree di nidificazione serve un’alleanza solida: la comunità scientifica deve raccogliere e interpretare i dati, le associazioni ambientaliste devono proteggere i nidi coinvolgendo i cittadini, le amministrazioni locali e le regioni devono garantire la tutela di queste aree e gli operatori turistici – nella consapevolezza che la presenza delle tartarughe marine rappresentano oltre che una ricchezza in termini di biodiversità anche una risorsa dal punto di vista socio economico – devono collaborare adottando pratiche sostenibili. Ognuno ha quindi responsabilità precise. Dobbiamo proteggere le nuove aree di nidificazione e per farlo serve un’alleanza concreta tra comunità scientifica, associazioni ambientaliste, amministrazioni locali e operatori turistici. Con il progetto Life Turtlenest stiamo andando proprio in questa direzione, e i primi risultati sono già molto incoraggianti.”

Life Turtlenest, un progetto cofinanziato dall’Unione Europea attraverso il programma LIFE e coordinato da Legambiente, finalizzato al miglioramento della conservazione della tartaruga marina comune (Caretta caretta) in Italia, Spagna e Francia, attraverso attività di monitoraggio, messa in sicurezza dei nidi, ricerca scientifica e campagne di informazione e sensibilizzazione. Oltre al coordinatore Legambiente, partecipano al progetto europeo la Stazione zoologica Anton Dhorn; Ispra; Università La Sapienza di Roma; Università di Barcellona; BETA Technologic al Centre (UVic-UCC); ENCI; Cest Med; Regione Basilicata, Regione Campania, Regione Puglia, Regione Lazio, Agenzie per la protezione ambientale della Toscana. Oltre alle regioni italiane bagnate dal mar Tirreno (Basilicata, Puglia, Campania, Sicilia, Lazio, Sardegna e Toscana) Life Turtlenest interverrà nella regione francese Camargue, in Costa Azzurra e in Corsica e nelle regioni spagnole di Catalogna, Murcia, Andalusia, Isole Baleari e Valencia.