
In strada muoiono più giovani e anziani, pedoni, ciclisti e motociclisti, prevalentemente a causa della distrazione e dell’eccesso di velocità di auto e camion. L’inquinamento causato dal traffico colpisce soprattutto bambini, giovani e redditi più bassi
Non siamo tutti uguali, non abbiamo tutti gli stessi diritti in strada. E non solo perché c’è chi si può permettere di mantenere un’automobile e chi no, chi può prendere un treno, una metro, un servizio di sharing mobility o imboccare una pista ciclabile sicura, e chi abita in città che non offrono questi servizi di trasporto. Chi è fortunato può lavorare vicino a casa o accedere a un servizio pubblico o a un appuntamento di lavoro, famigliare o di piacere quando e come vuole. Ma siamo anche più o meno fortunati o sicuri, più o meno inquinati, in funzione non solo del reddito, ma anche dei territori che abitiamo o frequentiamo.
L’Istat ha pubblicato quest’estate i dati completi sugli incidenti stradali del 2022, evidenziando un aumento significativo dei morti su strada rispetto al 2021 (da 2.875 a 3.159) e una lieve diminuzione rispetto al 2019 (3.173), anno prima delle limitazioni provocate dalla pandemia. A preoccupare il ministro dei Trasporti Matteo Salvini è stato l’aumento del 53,8% degli incidenti che hanno coinvolto monopattini elettrici. Quel che Salvini non ha detto, però, è che sono passati da 9 più un pedone investito nel 2021 a 16 conducenti di monopattini nel 2022. I primi 5 servizi di sharing di monopattini hanno registrato in un anno una crescita di percorrenze del 58%: sono cresciuti più gli spostamenti degli incidenti con morti e feriti.
A preoccupare è invece un altro dato. L’obiettivo del Piano nazionale di sicurezza stradale è quello di dimezzare i morti e feriti gravi per incidenti ogni dieci anni e di azzerare entro il 2030 le vittime tra i minori (1-14 anni): sono stati 39 nel 2022, 28 nel 2021 e 35 nel 2019, anno pre-Covid. Aumentano, rispetto anche al 2019, i morti e i feriti gravi tra i 15 e i 19 anni e i feriti tra i 20 e 24 anni, quindi tra i giovani neo patentati: ben 25.366 su 223.475 sul totale della popolazione. Tra i feriti, tanti ne porteranno le conseguenze per tutta la vita. Secondo l’Istat, “le categorie che hanno registrato le diminuzioni meno consistenti in termini di mortalità, o in alcuni casi persino aumenti, sono state quelle dei motociclisti (-17,8% dal 2010 e +11,9 dal 2019), dei ciclisti (-17,4% dal 2010, -13,4% dal 2019) e dei pedoni (-21,7% dal 2010, -9% dal 2019). Ciclomotoristi e automobilisti hanno ottenuto i maggiori guadagni in termini di riduzione della mortalità negli ultimi 20 anni”. Che senso ha, allora, prendersela con gli utenti di monopattini?
Nelle strade urbane si contano il 73% degli incidenti con lesioni alle persone (122mila su 166mila), il 70% dei feriti e il 42% dei morti. Ed è ovviamente in città che si contano la maggior parte delle vittime tra i pedoni e i ciclisti, per la maggior parte giovani e anziani, nella gran parte dei casi investiti da mezzi a motore a causa del mancato rispetto della precedenza o del semaforo (16% dei casi), della guida distratta (13%), della velocità elevata (8%) o del mancato rispetto degli attraversamenti (4,4%).
Sull’inquinamento atmosferico esemplare è la risposta della Corte di giustizia europea al governo italiano nella annosa questione del mancato rispetto delle direttive sulla qualità dell’aria nelle città della pianura padana. L’Italia si è difesa imputando i ritardi all’impossibilità degli automobilisti meno abbienti a cambiare auto con altre meno inquinanti. La Corte ha ricordato al nostro governo che la categoria socialmente debole che la direttiva sulla qualità dell’aria si propone di tutelare sono principalmente i bambini e i giovani che nascono e crescono nelle città più inquinate, e ne subiscono le conseguenze più gravi in anni di vita persi.
Mancano indagini complete sulle categorie sociali più colpite dall’inquinamento da traffico. Certamente c’è chi lavora sulla strada, a cominciare dai conducenti dei mezzi più insicuri o inquinanti, a quelli dei furgoni o a chi opera nei servizi di delivery.